L’insediamento del Consiglio comunale di Enna è avvenuto con uno strascico di polemiche che non lasciano presagire nulla di buono. Se infatti l’elezione del Presidente del Consiglio era scontata per la presenza di una maggioranza consiliare schiacciante (17 Consiglieri su 30), sulla Vice Presidenza nessuno poteva pensare (?) al colpo di mano, alla luce di una specifica previsione normativa dello Statuto comunale che riserva il relativo diritto di elettorato passivo ai soli Consiglieri appartenenti alla minoranza consiliare. Avevamo anticipato nei giorni scorsi il rischio elevato di violazione della citata norma e così è stato. In barba alla previsione statutaria e al consulto, ancorchè verbale, del Segretario Generale, la medesima maggioranza consiliare che ha eletto il Presidente del Consiglio ha eletto anche il suo Vice. Bene, al netto delle valutazioni politiche che competono esclusivamente ai gruppi consiliari che sul tema si sono esaustivamente confrontati, la questione merita di essere ripresa perché presenta due profili istituzionali di censura che rilevano ai fini della qualità delle decisioni assunte dai pubblici poteri locali: a) la violazione della citata norma statutaria che obbliga il Consiglio ad eleggere il Vice Presidente tra le file della minoranza consiliare; b) la violazione delle regole comportamentali e istituzionali del neo eletto Presidente del Consiglio comunale, reo di avere proclamato l’elezione del Vice-Presidente in manifesta violazione della previsione statutaria.
Sul primo profilo di censura basti solo evidenziare la definizione elaborata dalla giurisprudenza amministrativa secondo cui per distinguere la maggioranza consiliare dalla minoranza consiliare occorre riferirsi all’usuale concetto di maggioranza e di minoranza, la prima da identificare, in astratto, in quella coalizione che, avendo vinto le elezioni per avere ottenuto il maggior numero di voti, ha conquistato la maggior parte dei seggi; la seconda da identificarsi nell’altra coalizione che, avendo ottenuto un numero inferiore di voti, ha conquistato i seggi rimanenti. Non occorrerebbe, in effetti, scomodare il TAR Lazio per comprendere una cosa così logica prima ancora che giuridica. Sarà quindi il Consigliere non eletto del M5S, appartenente alla minoranza consiliare ed unico legittimato ad agire in giudizio, a stabilire se impugnare la proclamazione del Vice-Presidente, attesa l’evidente violazione della norma statutaria e del correlato princpio di tutela delle minoranze.
Sul secondo profilo, la censura va rivolta al neo eletto Presidente del Consiglio comunale che, nell’esercizio del suo ruolo istituzionale appena attribuitogli dall’Assemblea, avrebbe dovuto assicurare il rispetto delle norme statutarie in generale e dei diritti delle minoranze in particolare. In sostanza, il neo Presidente ha sbagliato due volte, la prima nel non avere preteso dall’Assemblea il rispetto di una norma statutaria, la seconda volta nel non avere difeso i diritti della minoranza consiliare. Orbene, non si discute del fatto che la Presidenza del Consiglio dovesse andare ad uno dei Consiglieri eletti in quelle liste che hanno conquistato il maggior numero di seggi, così come non si discute che il Consigliere individuato per tale carica fosse stato colui che ha conquistato un’invidiabile cifra elettorale, qui si vuole solo obiettare sulla consapevolezza, o meno, del ruolo istituzionale rivestito dal neo Presidente del Consiglio comunale. Poichè il buon giorno si vede dal mattino, al fine di scongiurare il reitero di comportamenti devianti tali da configurare l’ipotesi sanzionatoria della revoca anticipata del rispettivo mandato, ci appare utile ricordare le prerogative del Presidente del Consiglio comunale mutuate da prassi, dottrina e giurisprudenza.
Il Presidente del Consiglio comunale deve infatti arbitrare, nel rispetto della legge, dello Statuto e dei valori della Costituzione repubblicana, l’agone politico e non giocarvi come qualunque altro uomo di partito o di fazione, a pena di spezzare i principi d’imparzialità e di neutralità della relativa funzione. La finalità di direzione e coordinamento risponde, pertanto, ad esigenze di trasparenza, correttezza, autonomia degli Organi assembleari e del Sindaco, tutela delle minoranze, come se il Presidente fosse un “primus inter pares”, affine alla figura dello speaker di stampo britannico, tant’è vero che la sua figura è stata paragonata ad una sorte di mediatore tra le forze in campo, senza connotazione politica. L’importanza di tale alta funzione istituzionale (in quanto collegata all’Amministrazione e non al Governo dell’Ente) non può che essere assolta e disimpegnata nel più assoluto rigore ed imparzialità. La funzione del Presidente, di conseguenza, non è strumentale all’attuazione di un indirizzo politico ma al corretto funzionamento dell’Istituzione comunale in quanto tale; essa è perciò neutrale, e, ferma la necessaria cautela nel richiamo all’ordinamento di organi costituzionali, analoga è la funzione dei Presidenti della Camere, come consolidatasi nel tempo indipendentemente dalla provenienza politica e dalla maggioranza che li abbia eletti.
Ci piace pensare, anzi ne siamo sicuri, che il neo Presidente del Consiglio comunale farà tesoro di questo primo testa-coda, giustificabile solo nel contesto dell’emozionata e solenne seduta d’insediamento.
Massimo Greco