Parco Minerario Floristella Grottacalda
Il Parco Minerario Floristella Grottacalda si estende su una vasta area situata sulla confluenza delle superstrade che collegano Enna, Valguarnera, Aidone e Piazza Armerina, ad una manciata di chilometri dagli svincoli autostradali di Mulinello ed Enna.
In un contesto paesaggistico pregevole, la zona del Parco forma un triangolo equilatero con, agli altri due vertici, il lago di Pergusa e la riserva faunistico-forestale della Ronza. Inoltre il sito minerario si colloca in un bacino che consente di usufruire di beni culturali ed ambientali d’interesse internazionale (la Villa Romana del Casale a Piazza Armerina e gli scavi archeologici di Morgantina ad Aidone).
Il Parco Minerario Floristella Grottacalda accorpa le due omonime miniere di zolfo dismesse, risultando uno dei più espressivi insediamenti d’archeologia industriale esistenti nel sud d’Italia. Alla stregua di un grande museo a cielo aperto, il vasto complesso estrattivo fornisce una vera e propria “stratigrafia” delle diverse epoche e dei relativi sistemi e tecniche d’estrazione e di fusione dello zolfo. Ancora ben visibili e drammaticamente evocativi, appaiono i calcaroni (forni circolari per la fusione e separazione dello zolfo dal materiale inerte), le discenderie (cunicoli semiverticali utilizzati in epoca preindustriale per raggiungere il giacimento), i castelletti e gli impianti dei pozzi verticali (utilizzati in epoca recente per la discesa in sotterraneo), i forni Gill (sistema più moderno per la fusione dello zolfo).
Su un’altura si erge imponente il Palazzo Pennisi, antica residenza della famiglia proprietaria, che domina il complesso minerario di Floristella. La sontuosità del manufatto e la sua pregnanza architettonica, generano una sorta di contrasto con l’austerità del luogo, fornendo un’immediata e suggestiva immagine di ciò che doveva essere l’estremo divario sociale dell’epoca.
La particolare disposizione territoriale, la ricchezza di opportunità, la disponibilità già apprezzabile di servizi, rendono l’intera area eccezionalmente idonea all’escursionismo scolastico nelle forme più variegate: dalla gita di più giorni alla lezione all’aperto limitata al normale orario giornaliero delle scuole.
Il Parco Minerario rappresenta uno dei più importanti siti di archeologia industriale esistenti nel Mezzogiorno d’Italia ed una delle più grandi, antiche e significative aree minerarie di zolfo della Sicilia. Può considerarsi un particolare museo all’aria aperta, nel cui territorio l’attività estrattiva dello zolfo è documentata dalla fine del 1700 al 1986, anno in cui nell’area mineraria cessò definitivamente ogni attività legata alla produzione zolfifera. Infatti, nel territorio del parco sono ancora visibili le gallerie, le strutture, le apparecchiature e gli impianti utilizzati per l’estrazione dello zolfo nei due secoli di attività della miniera. Dalle antiche “discenderie” (circa 180) di accesso alle gallerie sotterranee ai tre “pozzi” di estrazione con i relativi “castelletti” completi di sale argano (il più antico risalente al 1868); dalle più antiche “calcarelle”, ai “calcaroni” adottati industrialmente intorno al 1850, ai “forni Gill” affermatisi verso il 1880; dalla “lampisteria” ai ruderi dei fabbricati di servizio sorti in prossimità dei pozzi (infermeria, alloggi per i minatori, compreso il locale adibito a dopolavoro per i lavoratori); dalla tratta ferroviaria tra le stazioni di Floristella e Grottacalda attraverso le quali veniva caricato e spedito lo zolfo, alla rete ferrata interna per il trasporto dei vagoncini con il minerale.
Il Parco presenta, altresì, aspetti paesaggistici e naturalistici di rilievo. In quest’ambito una particolare menzione meritano la sorgente di acque sulfuree che alimenta il rio Floristella e, soprattutto, le emissioni continue di metano e acqua salata e ferruginosa, sgorganti con piccola portata da alcune bocche tra loro vicine dette “Maccalube” o vulcanelli di fango, visibili nella parte nord dell’area del parco.
Come arrivare
Dall’Autostrada PA-CT uscire allo svincolo autostradale di Mulinello, proseguire per Valguarnera e Piazza Armerina sino ad incontrare il cartello segnaletico che indica l’ingresso al Parco;
Da Enna, seguire le indicazioni per Pergusa, proseguire per la S.P. Turistica. All’incrocio con la S. P. 4 seguire la direzione Valguarnera fino al cartello di ingresso al Parco;
Da Piazza Armerina, seguire la direzione Autostrada A19, percorrere la S.P. 4 fino al cartello posto all’ingresso.
L’Ente Parco Minerario Floristella-Grottacalda è stato istituito con legge della Regione Siciliana 15 maggio 1991 n°17 (art.6).Esso è un ente di diritto pubblico ed ha sede nel territorio di Enna nella ex miniera Floristella; partecipano alla sua gestione: la Regione Siciliana, la Provincia Regionale di Enna ed i Comuni di Enna, Aidone, Piazza Armerina e Valguarnera.Lo Statuto dell’Ente è stato approvato con Decreto del Presidente della Regione Siciliana 1 dicembre 1992. L’Ente ha il compito di provvedere alla gestione del parco minerario al fine di perseguire:
· La protezione, conservazione e difesa del complesso minerario zolfifero ricadente nel suo territorio;
· Il recupero del palazzo Pennisi sito nell’area mineraria;
· La protezione, conservazione e difesa del paesaggio e dell’ambiente naturale dell’area mineraria in sé e dell’area circostante forestata;
· Il corretto uso e assetto del territorio costituente il parco;
· Lo sviluppo delle attività produttive e lavorative compatibili con le finalità del parco;
· L’uso sociale e pubblico dei beni ambientali, favorendo le attività culturali, ricreative e turistiche compatibili con le esigenze prioritarie di tutela;
· Lo sviluppo dell’attività di ricerca etno-antropologica finalizzata all’investigazione, esame, catalogazione, conservazione della “società mineraria” e della tecnologia per una riscoperta della “cultura mineraria” degli strumenti e delle strutture produttive, nonché dei modi di vivere il luogo e il rapporto di lavoro;
· L’attività di sperimentazione universitaria in materia di architettura e di archeologia industriale;
· Le attività didattiche di conoscenza e di ricerca per le scuole di ogni ordine e grado.
La gestione dell’Ente è demandata al suo Presidente, al Consiglio di Amministrazione, ad un Revisore dei Conti, al suo Direttore. Il Consiglio di Amministrazione si avvale di un Comitato Tecnico-Scientifico presieduto dal Soprintendente ai beni culturali e ambientali della provincia di Enna.Le entrate dell’Ente sono costituite dalle dotazioni finanziarie che annualmente sono deliberate dalla Regione e dagli Enti locali facenti parte del consiglio, e sono destinate prevalentemente al raggiungimento delle finalità statutarie. La gestione finanziaria è disciplinata dall’art. 10 dello statuto dell’Ente.In atto l’area del parco si estende su circa 400 Ha sottoposti ai vincoli di tutela culturale e ambientale e comprende l’area mineraria di Floristella e la circostante area del demanio forestale. Gli attuali confini del parco sono destinati ad estendersi alla contigua area della miniera Grottacalda con l’apposizione su di essa dei vincoli di tutela.
Attività didattica
L’Ente Parco, tra le finalità indicate nella legge istitutiva, ha il compito di perseguire l’uso educativo-didattico della zona mineraria. Si tratta, peraltro, di un’area che si presta ad essere utilizzata come un libro di testo naturale da parte degli alunni e dei docenti di tutte le scuole.
Per gli alunni del Primo Ciclo
Le lezioni all’aperto possono essere utili per presentare ai ragazzi elementi afferenti ai programmi di scienze, geografia, educazione tecnologica, educazione artistica. L’esame delle diverse strutture manifatturiere della zona mineraria risulterà prezioso ai docenti per illustrare i processi di modificazione sociale prodottisi con l’avvento dell’Industrializzazione. Interessanti sono anche le strutture architettoniche ubicate nell’insediamento.
Gli studenti del secondo ciclo, possono approfondire, in relazione agli indirizzi di studio seguiti, molteplici aspetti della ricerca etno-antopologica, linguistica, scientifica, tecnologica e socio-economica.La miniera e i suoi annessi offrono in questo senso pagine di particolare interesse culturale. Infine, nell’area del Parco è possibile trascorrere produttivi momenti naturalistici, arricchendo le lezioni all’aperto mediante il contatto diretto con la flora e la fauna tipiche del territorio ennese.
Le visite dei gruppi vengono programmate con anticipo prendendo contatti con gli uffici amministrativi dell’Ente.
Attività di ricerca
Con riguardo alle attività di ricerca e sperimentazione, l’Ente ha commissionato delle convenzioni per lo studio naturalistico e ambientale dell’area del parco al Dipartimento di Botanica dell’Università di Catania, e per lo studio geomorfologico, idrogeologico e speleologico del territorio del parco al Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Bologna.
Le suddette ricerche sono già state eseguite e le relative documentazioni sono in possesso dell’Ente che ne detiene tutti i diritti. Oltre a ciò l’Ente aderisce al Parco Culturale “Rocca di Cerere” le cui finalità contemplano l’obiettivo dello sviluppo del turismo culturale nel comprensorio in cui opera, con particolare riferimento allo sviluppo del geoturismo nella provincia di Enna. Quale Ente aderente al Parco Culturale “Rocca di Cerere” il Parco Minerario è altresì affiliato alla rete dei geoparchi europei che collabora con il Dipartimento di Scienze della Terra dell’UNESCO ed è autorizzato ad utilizzare il marchio “European Geopark”.
A cura dell’Ente, è stato realizzato un documentario dal titolo “Il paesaggio della Zolfara: la storia e gli uomini di Floristella”. Il filmato, prendendo spunto dalla singolare bellezza del territorio sul quale sorgono gli impianti della Miniera Floristella, vuole soprattutto ricordare alle nuove generazioni che la storia dei minatori è la storia di uomini che hanno affrontato per secoli fatiche disumane e umiliazioni inimmaginabili.
Inoltre, l’Ente Parco ha aderito al piano nazionale per l’attuazione dell’E-Governement, un’iniziativa volta alla promozione di servizi ai cittadini e alle imprese attraverso l’integrazione fra diverse amministrazioni e l’attuazione di un piano di sviluppo delle popolazioni interessate. Il progetto, al quale l’Ente Parco aderisce assieme ad altre 56 amministrazioni, è denominato “E-Government Centro Sicilia” e prevede l’integrazione dei sistemi informatici e tecnologici dei partecipanti.
Con riguardo all’uso sociale e didattico, prestandosi l’area del Parco ad essere utilizzata come un libro di testo naturale da parte degli alunni e dei docenti di tutte le scuole, il turismo scolastico si è dispiegato con la presenza di gruppi provenienti dalle più svariate istituzioni scolastiche e universitarie. Tra le visite maggiormente significative (specie in considerazione delle difficoltà organizzative derivanti dalla tenera età e dalle caratteristiche degli intervenuti) citiamo quella effettuata dalla Direzione Didattica di Valguarnera che, nell’ambito della loro iniziativa, “Adottiamo un Nonno”, patrocinata dal Comune di Valguarnera, ha portato a Floristella circa 250 persone in un sol colpo tra alunni delle scuole materne ed elementari, insegnanti, genitori e, appunto, nonni, nella stragrande maggioranza ex minatori, che hanno potuto esercitare un momento di recupero della memoria storica orale relativa al lavoro che si svolgeva nella miniera Floristella, trasmettendo ai giovanissimi discenti e ai loro insegnanti, ricordi, aneddoti e vicende, anche dolorose, del loro tempo.
Palazzo Pennisi
Un particolare rilievo, sia nel contesto del parco che per le caratteristiche architettoniche proprie, assume Palazzo Pennisi: vero e proprio cuore del Parco Minerario.
Edificato tra il 1870 ed il 1885, inizialmente solo fino al piano fuori terra e destinato a residenza estiva della famiglia Pennisi proprietaria della miniera, successivamente fu sopraelevato di altri due piani per soddisfare l’esigenza di alloggi per il direttore e gli impiegati e di locali per uffici. Esso sorge sul fianco della valle del rio Floristella, in cima ad un rilievo che domina l’intera area mineraria, ed è stato pensato quale fortezza inespugnabile dai minatori in caso di scioperi e rivolte; talché, le numerose aperture sono dotate di feritoie e all’interno – oltre agli alloggi, agli uffici, ai vani di servizio, alla cappella a pianta ottagonale, alla carbonaia, ai granai, alle cantine – presenta delle uscite segrete di sicurezza che attraverso le cantine e due piccole gallerie permettevano la fuoriuscita dal Palazzo nel costone sottostante.
Degne di menzione sono, inoltre, la struttura di captazione della sorgente presso il Palazzo Pennisi, la struttura del palmento dei Pennisi e la cosiddetta “via del mosto”: un sentiero, realizzato inizialmente allo scopo di consentire un rapido collegamento tra il palmento ed il Palazzo, costeggiato da una canaletta in coppo siciliano che portava il mosto, per caduta, direttamente nelle cantine padronali.
La miniera Floristella – Grottacalda
di Pietro Nicosia
“Si mosse sotto il carico enorme, che richiedeva anche uno sforzo d’equilibrio. Si, ecco, si, poteva muoversi, almeno finché andava in piano. Ma come sollevar quel peso, quando sarebbe cominciata la salita?”
Così Luigi Pirandello in “Ciàula scopre la luna”, novella ambientata a Gallizzi, la parte più antica del Parco minerario Floristella-Grottacalda, racconta la storia di uno dei tanti carusi che spesero l’intera vita portando enormi carichi di zolfo sulle spalle.
Quelle storie, quel mondo scomparso, quell’illusione che non migliorò la condizione della gente di Sicilia, rivivono oggi grazie all’istituzione della riserva posta fra Aidone, Piazza Armerina e Valguarnera nell’ennese, raggiungibile dall’autostrada A 19 Palermo-Catania, uscite Enna e Mulinello, dalle quali poi seguire le indicazioni per Valguarnera.
Negli anni ’80, ad attività estrattiva conclusa (era iniziata due secoli prima), nacque l’esigenza di non disperdere quel patrimonio ma, anzi, di utilizzarlo come leva per lo sviluppo locale, offrendo ai turisti la possibilità di ammirare quello che è considerato il parco di archeologia industriale più interessante del mondo, vero e proprio museo all’aria aperta.
Suggestivo lo scenario che contorna i tre siti estrattivi di Fioristella, Grottacalda e Gallizzi: 400 ettari immersi nei boschi, che tornano a colonizzare quell’area resa sterile dall’anidride solforosa liberata dalla combustione dello zolfo.
A Fioristella si trova una sede del Parco ed il Palazzo Pennisi, residenza dei proprietari e sede degli uffici della vecchia miniera, che diventerà museo del lavoro. Affacciandosi dal palazzetto ottocentesco, si gode di un’ampia vista: natura e miniera, oggi, riescono a convivere dopo essere state per centinaia di anni incompatibili.
Al centro del sito spiccano due grosse fosse circolari e quattro più piccole: sono i calcheroni, ovvero le fornaci dove lo zolfo bruciava per poi colare liquido dai punti di raccolta (bocca della morte) in apposite forme di legno (gavite).
I panetti, così ottenuti, viaggiavano sino ai porti di Catania, Licata, Porto Empedocle per essere esportati.
Destinatari erano, per il 90% Francia ed Inghilterra, che utilizzavano il minerale per l’industria bellica e, in un secondo momento (in seguito alla scoperta dell’acido solforico), per tantissimi altri impieghi. La Sicilia, in breve, divenne il primo esportatore mondiale di zolfo: un vero e proprio paradosso, se si immaginano le condizioni in cui era costretta a vivere e lavorare la stragrande maggioranza degli operai delle miniere. Di contro, solo una minoranza di siciliani (i proprietari delle aree minerarie ed i gabelloti che le sfruttavano) ed i commercianti delle grandi potenze I europee, ne trassero enormi guadagni.
Dal Palazzo Pennisi si notano anche i pozzi, le montagne di sterri di minerale, le vecchie costruzioni per alloggi ed uffici, sino all’andamento sinuoso di un torrente di acqua sulfurea.
Dalla residenza ci si sposta sino al vecchio pozzo 3 di Floristella, in cui si scorgono i vagoncini, che portavano lo zolfo dalle gallerie, ed una torre di metallo. I pozzi segnano l’evoluzione nell’estrazione dello zolfo che, adesso, avviene mediante trivellazioni.
Picconieri e “carusi” escono di scena; le loro disumane condizioni di lavoro diventano letteratura.
Per intendere meglio la fatica di questi bambini costretti ai lavori forzati, ci si sposta sino alle discenderie, i profondi budelli scavati nel sottosuolo per estrarre lo zolfo, dai quali il minerale risaliva a spalla. In futuro sarà possibile visitare l’interno del ripido cunicolo, che scende per centinaia di metri nelle viscere della terra con inclinazioni di 30/50 gradi, mediante scalini scavati nella stessa roccia, a volte con le alzate ridotte per facilitare l’ascesa.
Da quel buco nero i ‘carusi’ (a volte anche di cinque anni) risalivano con la faccia erosa dalla fatica, come il Ciàula di Pirandello, con carichi enormi di decine di chili, che deformava quei corpi già provati dalla stanchezza.
I “carusi” erano destinati a rimanere schiavi del picconiere per tutta la vita. Questi li “acquistava” dalle poverissime famiglie d’origine, a cui versava il cosiddetto “soccorso morto” che rappresentava un modo per sfamare molte bocche.
Era il livello più basso della crudele gerarchia mineraria: sopra i picconieri stavano i gabellotti, affìttuari delle miniere, che versavano ai padroni l’estaglio (percentuale dell’utile dello zolfo fuso).
Tale realtà fu descritta nell’inchiesta Franchetti e Sennino, 1876, che ebbe il merito di far approvare dal Parlamento del Regno una legge che vietò il lavoro in miniera al di sotto dei 10 anni di età. Ma questo non sempre servì ad evitare che i bambini-operai continuassero a scendere nei tunnel di zolfo.
La miniera, in genere, rappresentava un grande pericolo per tutti gli operai, costretti ad inalare fumi nocivi ed a rimanere sempre in guardia dal rischio di crolli, esplosioni e fughe di gas mortale. “Nelle dure facce quasi spente dal buio crudo delle cave sotterranee, nel corpo sfiancato dalla fatica quotidiana, nelle vesti strappate, avevano il livido squallore di quelle terre senza un filo d’erba, sforacchiate dalle zolfare, come da tanti enormi formicai” (da “Ciàula scopre la luna”).
Nella vicina miniera di Grottacalda sono in mostra pozzi, ciminiere, forni e la ferrovia.
Qui la lavorazione avveniva mediante i forni gill, che rappresentano l’evoluzione calcherone.
A Gallizzi, invece, si possono osservare le discenderie e il primo pozzo a trazione animale.
Di rilievo, nell’area del parco, anche gli aspetti floro-faunistici e scientifici come le macalube (zona sterile che vede periodicamente la risalita dal sottosuolo di acqua mista ad argilla, spinta dai gas provenienti dal sottosuolo).
Insomma una visita in quella che era la miniera più grande dell’isola, oggi testimonianza di un mondo scomparso, di certo sarà utile per meglio comprendere il “come eravamo”.