Enna. Mediazione “sbilenca” sul contenzioso TARSU 2009/2010
di Massimo Greco
L’istituto del reclamo/mediazione quale recente strumento deflattivo del contenzioso tributario attivato dai 1900 contribuenti ennesi nel tentativo, obbligatoriamente previsto dalla legge, di evitare l’accesso alla competente Commissione Tributaria, si rivelerà un mezzo flop e non solo per cause connesse allo scarso interesse mostrato dall’Amministrazione comunale trinceratasi dietro una discutibile incompetenza funzionale in materia, ma anche per ragioni intrinseche all’istituto stesso. Infatti la mediazione tributaria, ancorchè inserita nella medesima normativa contenente la mediazione civile, si differenzia nettamente dalla seconda per il semplice, e determinante motivo, che la decisione non viene presa da un organo di mediazione terzo ma, paradossalmente dallo stesso Ente impositore che ha adottato l’atto tributario oggetto del contendere. Pertanto, il legislatore parla impropriamente di reclamo/mediazione, avendo, invero, introdotto una sorta di ricorso in opposizione alla stessa Amministrazione finanziaria/tributaria finalizzato solamente a diluire i tempi del contenzioso, nella speranza, decisamente vana, che l’Ente impositore possa rivedere la propria posizione.
Orbene, occorre molta fantasia per immaginare che lo stesso Ente che ha notificato migliaia di pretese tributarie a titolo di TARSU per assicurare la remunerazione del costo del servizio di raccolta dei rifiuti (peraltro già pagato all’ente gestore “EnnaEuno”) possa, melius re perpensa – ed al netto di evidenti errori in fatto che richiedono l’esercizio del potere di annullamento in autotutela – rivedere a ribasso le tariffe applicate. Ma vi è di più, lo “sbilenco” strumento del reclamo/mediazione impedisce l’attivazione della conciliazione giudiziale, cioè di quella composizione bonaria del conflitto attivata dalle parti in sede processuale. Pertanto, non solo il contribuente è costretto ad attivare un reclamo/mediazione i cui esiti a suo vantaggio sono praticamente nulli in assenza di quel principio di terzietà che dovrebbe essere assicurato da una seria ed autentica valutazione degli interessi delle parti contrapposte, ma è anche danneggiato dal non potere attingere, anche in questo caso a differenza della mediazione civile, alla conciliazione giudiziale una volta deciso d’intraprendere la via giurisdizionale.
La verità è una sola ed è sfacciatamente sotto gli occhi di tutti. Il legislatore, pur di consentire allo Stato di “fare cassa” sta facendo di tutto per scoraggiare i contribuenti dal promuovere contenziosi col Fisco, con buona pace di quello Statuto del Contribuente – sempre più svuotato di autorevolezza normativa – che alla genesi era stato disegnato come una conquista di civiltà.