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Universitá Rumena Dunarea de Jos. Avv. Anna Lucia Valvo: molto rumore per nulla

Universitá Rumena Dunarea de Jos: molto rumore per nulla

di Anna Lucia Valvo

Anna L ValvoLa vicenda dell’Università rumena Dunarea de Jos che ha aperto ad Enna una sua estensione didattica e che da quasi un anno tiene in scacco il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca italiano, ha suscitato, è proprio il caso di dirlo, “molto rumore per nulla”.

Ad onor del vero, l’inutile “rumore” più che dalla Dunarea de Jos è stato provocato dal miur che di fronte al legittimo esercizio del diritto di stabilimento disciplinato dall’art. 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, proprio non ci vuole stare e facendo ricorso ad improbabili artifici e funambolismi metagiuridici cerca in tutti i modi di impedire alla detta Università lo svolgimento ad Enna dei Corsi in medicina e chirurgia e professioni sanitarie.

I fatti sono noti e non è dunque il caso di ripercorrerli.

In punto di diritto, quel che viene in linea di conto riguarda qualche considerazione di carattere critico sull’ordinanza emessa lo scorso 19 luglio dal Tribunale di Caltanissetta in composizione collegiale.

Si premette e si ricorda, innanzi tutto, che sia in primo che in secondo grado il Tribunale di Caltanissetta ha respinto le richieste del miur di bloccare i Corsi di medicina e chirurgia e professioni sanitarie svolti ad Enna in aula remota dall’Università rumena Dunarea de Jos sul presupposto della infondatezza delle richieste del Ministero.

Tuttavia, quanto all’ordinanza dello scorso 19 luglio, si rende necessario qualche chiarimento al fine di sgombrare il campo da ogni pur minimo dubbio sulla legittimità dei detti Corsi e sulla legittimità dell’iniziativa dell’Università rumena.

Come è (o dovrebbe essere) a tutti noto, l’Italia è Stato membro fondatore dell’Unione europea che affonda le sue radici nel Trattato ceca e nei Trattati di Roma degli ormai lontani anni ’50.

All’esito di una pluralità di Trattati che nel corso degli anni hanno modificato in parte gli originari Trattati istitutivi, il Trattato attualmente in vigore è il Trattato di Lisbona che per esigenze di carattere giuridico (che non è il caso di spiegare in questo articolo) si divide in Trattato sull’Unione europea e Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea (tfue).

L’art. 49 del tfue disciplina la cosiddetta libertà di stabilimento ribadita dall’art. 15 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

In parole molto semplici, la libertà di stabilimento consiste nella libertà per ogni cittadino europeo di esercitare un’attività di lavoro autonomo in qualunque Stato membro dell’Unione europea e, per le società, nella libertà di esercitare l’attività di impresa in qualunque Stato membro. Più specificamente, la libertà di stabilimento comprende anche le società che a norma dell’art. 54 tfue sono equiparate alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri

Poiché non è il caso di fare una rassegna della giurisprudenza europea e italiana che equipara le Università alle Società nell’accezione ampia del termine cui fa espresso riferimento l’art. 49 tfue e il relativo art. 54, si dia per assodato che l’Università rumena Dunarea de Jos svolge i suoi Corsi nella Città di Enna nel legittimo esercizio della libertà di stabilimento che, in altri termini, significa diritto di accesso ad un’attività a condizioni non discriminatorie rispetto a quelle dei nazionali.

Per essere più precisi, si specifica che l’art. 49 del tfue è una norma provvista di effetto diretto che vieta “le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato (membro)”.

Già soltanto alla luce di queste pur brevi spiegazioni, può dirsi tranquillamente che rispetto al caso della Dunarea de Jos, ad essere illegittimo è soltanto il comportamento del miur che non è tuttavia riuscito ad impedire lo svolgimento dei Corsi.

Per carità di Patria e per rispetto del lettore non si dirà del dovere di leale cooperazione che imporrebbe al miur di facilitare, anziché impedire, lo svolgimento dei Corsi di laurea della Duanrea de Jos.

Fra gli argomenti usati per impedire lo svolgimento dei citati Corsi, il miur è ricorso anche a quello del non “riconoscimento” dei titoli che saranno conseguiti dagli studenti (la laurea).

In proposito si osserva, tuttavia, che la Direttiva 2005/36/ce, in base al principio del riconoscimento automatico delle qualifiche professionali, disciplina le professioni regolate da precedenti Direttive: medico, infermiere, dentista, veterinario, farmacista, ecc., e a norma dell’art. 21 della citata Direttiva ogni Stato membro riconosce i titoli di formazione consentendo ai loro possessori il relativo accesso all’esercizio della professione.

Di tale Direttiva è a conoscenza anche il Governo italiano tanto è vero che sul sito ufficiale del Ministero della Salute (l’Istituzione preposta al riconoscimento delle lauree in medicina) si legge quanto segue “Diritto di stabilimento per titolo di medico chirurgo conseguito in Paesi comunitari” (la circostanza è facilmente verificabile collegandosi al seguente link:

http://www.salute.gov.it/portale/ministro/p4_8_0.jsp?lingua=italiano&label=servizionline&idMat=PROFS&idAmb=RTEC&idSrv=SA1M&flag=P ).

Ciò nonostante il miur, a parte la fantasiosa richiesta di improbabili “autorizzazioni” per lo svolgimento dei Corsi da parte della Dunarea de Jos, sventola lo spauracchio del non riconoscimento della laurea in medicina e chirurgia che gli studenti conseguiranno presso la detta Università nella sua “aula remota” in Enna.

Quanto all’ordinanza del 19 luglio u.s. in proposito si osserva brevemente che, quanto all’“abuso” del diritto dell’Unione europea, con sentenza del 17 luglio 2014 (cause riunite c-58/13 e c-59/13) in una questione che non riguarda la Dunarea de Jos, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha escluso l’abuso di diritto perché “il diritto dei cittadini di uno Stato membro di scegliere, da un lato, lo Stato membro nel quale desiderano acquisire il loro titolo professionale e, dall’altro, quello in cui hanno intenzione di esercitare la loro professione è inerente all’esercizio, in un mercato unico, delle libertà fondamentali garantite dai Trattati”.

Quanto all’osservanza delle condizioni definite dalla legislazione del Paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini di cui al comma 2 dell’art. 49 tfue, questo riguarda il cosiddetto stabilimento primario e non lo stabilimento secondario che specificamente riguarda le società e dunque le Università.

Il diritto di stabilimento secondario, per espressa previsione del Trattato, si realizza tramite l’apertura di un centro di attività in uno Stato membro diverso da quello della sede principale e viene automaticamente riconosciuto alle società (e alle Università che ad esse sono equiparate) che si costituiscono conformemente al diritto di uno Stato membro e che sono ivi anche solamente registrate, anche se non esercitano un’attività effettiva.

Nonostante il Trattato menzioni filiali, succursali e agenzie, in realtà l’elencazione non è esaustiva nel senso che lo stabilimento secondario può assumere forme diverse da quelle indicate nell’art. 49 del tfue e la Corte di giustizia ha stabilito che l’unica condizione richiesta per poter esercitare il diritto di stabilimento secondario è quella di costituire un centro di attività all’interno dell’Unione europea; anche un semplice ufficio (Commissione c. Germania, 205/84, sentenza 4 dicembre 1986; Centros, causa c-212/97).

Dunque, il ricorso, da parte della Dunarea de Jos, all’uso del termine “delocalizzazione” o “aula remota”, non costituisce affatto “un espediente linguistico che non trova alcuna forma di legittimazione e implicito riconoscimento nel diritto dell’Unione europea” (come si legge nell’ordinanza in commento).

Quanto alla libera prestazione dei servizi, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale di Caltanissetta, si tratta proprio di servizi resi da Docenti rumeni che prestano servizi in uno Stato membro diverso (l’Italia, che è lo Stato destinatario della prestazione).

Quanto, poi, al riferimento alla sovranità, qualcuno dovrebbe informare il Tribunale di Caltanissetta che il processo di integrazione europea si rivolge al superamento dei limiti tradizionali della sovranità statuale per realizzare una più ampia sovranità dell’Unione europea.

Quanto, al riferimento all’art. 21 tfue e alla libertà di circolazione e di soggiorno degli studenti che si spostano in Romania per conseguire il titolo, si osserva, da un canto, che l’art. 54 tfue equipara le società (nell’accezione più ampia comprensiva, come chiarito dalla Corte di giustizia e dal Consiglio di Stato italiano, delle Università), “alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri” e, d’altro canto, non si vede perché la libertà di circolazione e di soggiorno debba essere riconosciuta agli studenti che vanno in Romania a studiare e debba invece essere negata ai Docenti che vengono in Italia ad impartire lezioni.

Quanto alla equiparazione di una Università ad un operatore economico, si è già detto.

Conclusivamente, rispetto all’ordinanza in questione e alle incongruenti contraddizioni in essa contenute, si può ipotizzare soltanto che il Tribunale di Caltanissetta abbia una conoscenza piuttosto vaga dell’ordinamento europeo e del suo funzionamento; in difetto, non si comprende perché il Collegio ritenuta, ancorché in via dubitativa, la fondatezza delle doglianze del Ministero non abbia tempestivamente deciso il ricorso accogliendone le richieste.

 

 

 

 

 

 

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