Ancora una sentenza di annullamento delle “partite pregresse”
di Massimo Greco
Con il 2017 è arrivata anche la sesta sentenza che annulla la “partita pregressa” inserita unilateralmente dall’Ente gestore del servizio idrico “AcquaEnna” nella bimestrale fattura di un utente. Questa volta a pronunciare il verdetto è stato il Giudice di Pace di Leonforte su ricorso della sede locale dell’Unione Nazionale dei Consumatori. Anche questa volta il Giudice ha ritenuto illegittima la pretesa perché prescritta e, comunque, perché veicolata senza adeguata criteri di trasparenza. Occorre infatti ricordare che gli utenti continuano a pagare un costo aggiuntivo senza nulla conoscere né sulle modalità di calcolo né sui tempi di recupero. Ma ciò che ignora l’utenza, e che verosimilmente sarà scrutinato nei successivi gradi di giudizio, è la ragione che sottende tale pretesa, in presenza di uno scostamento del piano economico-finanziario accertato dal Consorzio d’ambito nel 2012 pari a circa 22 milioni di euro. Ora, ammesso che tale scostamento sia reale e che via sia l’esigenza di assicurare l’equilibrio economico-finanziario nella gestione integrata del servizio idrico, nessuna Autorità amministrativa può stabilire che il relativo onere venga ripartito all’utenza e non solo per l’accertata prescrizione del credito. Ma soprattutto perché il rapporto tra l’Ente gestore del servizio e l’utente finale è regolato da singoli contratti di somministrazione disciplinati dal Codice civile, nel contesto dei quali la “patologica dipendenza del consumatore dall’ente gestore monopolista” . così definita dal Presidente dell’Autorità per la concorrenza e il mercato Pitruzzella – non può spingersi fino al punto di demolire i principi del rapporto sinallagmatico sotteso alla natura giuridica di corrispettivo della tariffa.
Ma vi è anche una motivazione che i Sindaci che governano il Consorzio d’ambito stanno volutamente evitando di fare emergere. L’errore tecnico contenuto nel piano d’ambito originario che sembra essere alla base dell’accertato scostamento – per il quale si è comunque avuta un regolare aggiudicazione all’attuale gestore del servizio – non può essere pagato dagli utenti ma da chi lo ha commesso e quindi dal medesimo Consorzio d’ambito. Una siffatta pretesa verso l’indifferenziata collettività assumerebbe le caratteristiche di una pretesa imposta di natura tributaria e come tale inconciliabile con la natura commerciale dell’attuale tariffa idrica.
Dopo sei sentenze emesse da tre diversi Giudici di Pace, cosa impedica ai nostri Sindaci di sospendere in autotutela la riscossione di tali voci di costo in attesa che si pronunci il Giudice d’appello è un mistero che prima o poi qualcuno dovrà svelarci.