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Chi avrebbe dovuto votare un giovane dell’Ennese senza lavoro né prospettive per il futuro?

“Ma perché un ragazzo che vive vicino a Potenza, che non sa come sbarcare il lunario, dovrebbe votare il Pd?”, è la domanda retorica con la quale Nadia Urbinati, docente di Teoria politica alla Columbia University di New York, risponde alla giornalista Lidia Baratta che, intervistandola a margine del forum sul futuro della politica organizzato dalla Fondazione Feltrinelli, richiama la sua attenzione sul fatto che l’analisi del voto del 4 marzo dice che i 5 Stelle sono votati da molti laureati, giovani e giovanissimi, e non solo dai ceti meno ambienti e meno istruiti. Anche nell’Ennese, dove i 5 Stelle hanno vinto portando alla Camera dei deputati il giovane Andrea Giarrizzo (26 anni), ci possiamo porre la stessa domanda retorica perché un giovane che vive in uno dei 20 comuni della provincia ennese, dove la disoccupazione giovanile è altissima, dovrebbe votare Pd. Nella lunga intervista, Nadia Urbinati dice che, “dal Pd ai cosiddetti secessionisti, oggi la sinistra non è più un punto di riferimento per larghi strati di popolazione. E’ diventata (e considerata) a tutti gli effetti il partito delle classi medie e medio-alte ben integrate, non in tensione verso l’emancipazione (a parte i diritti civili), ma attenta a conservare il proprio status. Un Pd che vince ai Parioli e perde nei quartieri popolari fa pensare”.

Non ci sono più le sezioni, dove si raccoglievano bisogni e problemi, ma i circoli che non sono la stessa cosa delle sezioni. Che cosa sono i circoli del Pd, lo spiega Nadia Urbinati: “I circoli sono luoghi che servono a coloro che già fanno politica per incontrarsi, per fare le loro strategie, per fare emergere potenziali candidati. Il circolo non fa proselitismo e nemmeno fa discutere gli iscritti sulla linea nazionale”. Che il Pd non sia un partito di sinistra, Massimo Cacciari lo va dicendo da tempo e l’ha ribadito su “L’Espresso” dell’11 marzo. La stessa nascita del Pd, e dell’Ulivo prima, è la manifestazione dell’esaurimento della denominazione di sinistra. Di questo ne sono consapevoli i leader della cosiddetta sinistra, che di fatto lo riconoscono, ma non sono stati capaci di esprimere una cultura e una strategia adeguate alla nuova fase storica caratterizzata da profonde disuguaglianze, ingiustizie, nuove forme di lavoro e da un peggioramento delle condizioni di vita delle classi lavoratrici. Una prova di questa incapacità? La dà Massimo Cacciari che la coglie nella dipendenza culturale dai paradigmi liberisti dei leader della cosiddetta sinistra, quando questi assumono posizioni di governo. Sotto questo profilo, il crollo del Pd non è solo il crollo della leadership di Renzi e di quelle che l’hanno preceduta, è anche, soprattutto, il crollo di idee e di identità. I 5 Stelle che, non si definiscono di sinistra perché ritengono superata la distinzione “destra e sinistra”, hanno attratto in gran parte i voti in uscita dal Pd. I 5 Stelle, che si presentano come movimento di persone che non sono state mai al potere, vengono percepiti però come più di sinistra degli altri dagli elettori delusi di sinistra. Allora, quale partito o coalizione di partiti avrebbe dovuto votare un ragazzo dell’Ennese che non ha lavoro né prospettive per il futuro?
Silvano Privitera

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