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Leonforte: lo strano caso della panchina rossa diventata verde

Accade a Leonforte che, al tempo del #MeeToo, ben due panchine diventino rosse per ricordare le vittime di femminicidio. La prima, in piazza Grillo, fu tinta nel dicembre del 2016 dai Giovani Democratici con l’obiettivo di attirare l’attenzione dei ragazzi interessandoli a un tema difficile e di difficile risoluzione; l’altra, in piazza IV Novembre, è stata tinta il 25 novembre del 2017 dalla Fidapa. Ora, la prima delle due panchine da rossa è diventata verde. Una mano di colore l’ha riportata nei canoni dell’arredo urbano convenzionale. A presenziare la panchina GD “ anche il vice-sindaco Rosa Maria e l’assessore alle pari opportunità Rosa Elena Pedalino, due fondamentali figure femminili della politica leonfortese”, scriveva Francesca Tremoglie il 18/12/2016. Due sembravan troppe? Domandiamo ad Adriano Licata, già presidente GD.

“Dico solo che mi preme ringraziare chi se n’è accorto e ha sollevato la questione. Quando circa un mese fa mi è stato comunicato che il nostro gesto era stato cancellato ho provato solo amarezza, per la facilità con cui si pensa di potere depennare l’impegno altrui. Non so chi lo ha ordinato nè perchè sia stata cancellata la panchina rossa; e nemmeno mi interessa. So solo che qualche giorno prima un amico mi aveva proposto di ritinteggiarla, poichè dopo un anno risultava in parte sverniciata. Pazienza: del resto nessuno si aspettava delicatezza e stile”.

In Italia un quarto degli omicidi sono femminicidi ossia assassinii di donne pensate come cose da rompere a proprio piacimento. Dall’inizio dell’anno sono 18 i femminicidi. “Tra le cause del femminicidio c’è la sottovalutazione delle denunce da parte di magistrati e forze dell’ordine” dice Fabio Roia, giudice a Milano e già pm di punta del pool famiglia della Procura.
“Le principali cause di femminicidio sono tre”, afferma il magistrato “la donna che non denuncia e viene uccisa perché non chiede aiuto; la donna che denuncia, ma la sua denuncia viene sottovalutata, viene lasciata in un cassetto o della polizia giudiziaria o del giudice; la denuncia viene lavorata, ma c’è una sottovalutazione del rischio e il giudice magari applica una misura che poi si rivela inadeguata”. La risposta dello Stato pare dunque insufficiente e certo insufficienti sono i simboli, che spesso non vengono neppure decodificati. Una società impreparata e spesso emotivamente ignorante può riflettere se non viene adeguatamente avvertita? Di certo la riverniciatura sarà stata fatta in buona fede, ma ai giovani che a quell’atto diedero tanto valore una spiegazione va data? O no? In attesa di nuove panchine rosse riportiamo i suggerimenti di Roia sulla questione. Il magistrato suggerisce delle modifiche alla legge sul femminicidio approvata cinque anni fa: “Si può migliorare”, spiega, anche in base alla relazione finale della commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio. Tra queste, “la possibilità per il giudice, per una corretta valutazione del rischio, di ricorrere a “saperi esterni” per elaborare profili criminologici dell’autore del reato, che oggi è vietata. Possiamo disporre solo perizie per stabilire se una persona è capace di intendere e volere o per accertare patologie psichiatriche. Quando non vengono fatte valutazioni del rischio corrette, poi avvengono i femminicidi”.

Gabriella Grasso

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