A Milena, in provincia di Caltanissetta, una maestra di 60 anni minaccia, strattona e picchia i bambini della sua classe. I bambini tutti di età compresa fra i 3 e i 5 anni sono stati attenzionati dai genitori e in seguito dalla telecamera nascosta dai carabinieri. Nel rapporto di indagine si legge che “ la maestra assumeva con frequenza quotidiana condotte maltrattanti consistite in urla ed atteggiamenti minacciosi, percosse strattona menti e sottoposizione ad arbitrarie punizioni di vario genere”.
Una condotta reiterata che è emersa solo in seguito all’intervento dei carabinieri. I colleghi e gli altri operatori della scuola, in questo come nei molti altri analoghi casi, dov’erano? Omertà è la parola che usiamo per indicare chi sa ma non parla; questa si può definire omertà? I colleghi e gli altri operatori della scuola dovrebbero essere rimossi come la maestra dal loro luogo di lavoro perché pur sapendo non hanno impedito le sberle, le punizioni e le urla su bambini di tre e cinque anni. Viviamo in un clima di insofferenza e a farne le spese sono le persone vulnerabili: bambini e anziani. Di pochi giorni fa la notizia dell’ennesima casa di riposo degli orrori. A Bologna sono state denunciate le violenze ed i maltrattamenti sistematici contro gli anziani ospiti di una struttura privata. Picchiati, umiliati, lasciati al freddo e senza cibo, fino al caso di una degente non autosufficiente che avrebbe subito due abusi sessuali. La struttura, aperta da meno di un anno, era chiacchierata in paese e dopo diverse intercettazioni audio e video all’interno della casa famiglia è emersa «una continuità sistematica di violenze fisiche e psicologiche, consistenti in umiliazioni, mortificazioni, ingiurie e abusi emotivi» così si legge in un passaggio dell’ordinanza del Gip. I parenti degli assistiti dov’erano? In un anno nessun figlio o nipote ha capito quello che il suo vecchio stava patendo? Era necessario filmare il titolare che abusava dell’anziana per avere contezza dei fatti? Ci accorgiamo della tinta di una nuance diversa della collega o della marca della maglia del migrante, che chiede l’elemosina al discount e non vediamo l’infelicità dei nostri genitori e dei nostri figli. Non comprendiamo perché non ascoltiamo e non vediamo quello che succede ai nostri affetti, ma siamo pronti a giudicare gli altri con serenità d’animo senza scrupolo o rimorso. Una sostituzione etica più che etnica sarebbe necessaria non solo auspicabile.
Gabriella Grasso
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