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Nino Galloni: “La Sicilia valorizzi le sue risorse e guardi a sud e sud-ovest del Mediterraneo”

Di libri sull’economia italiana e sulla moneta ne ha scritti molti l’economista Antonino Galloni (66 anni – nella foto a sx con l’autore della news Silvano Privitera), figlio di Giovanni Galloni, originario di Paternò, scomparso a Roma all’età di 89 anni nel 2018, che fu negli anni ’70 e ’80 e all’inizio degli anni ‘90 del ‘900, un esponente di spicco della sinistra democristiana, la ‘Base’, ministro della pubblica istruzione e presidente del Csm.

L’ultimo, pubblicato alcune mesi fa, ha un lungo titolo: ‘L’inganno e la sfida. Dalla società post-industriale a quella post-capitalistica. 2019: le ragioni di una crisi finanziaria’. Oltre a scrivere libri e tenere conferenze, Antonino Galloni è stato docente universitario, uno stretto collaborato dell’economista Federico Caffè e ha ricoperto anche incarichi di rilievo nell’amministrazione statale. Su quello che si dovrebbe fare per la crescita dell’economia siciliana, le proposte di Galloni si riassumono in tre punti. “La prima cosa da considerare è la politica estera nella quale la Sicilia, per la sua particolare collocazione geografica che la pone al centro del Mediterraneo, deve aver un suo spazio”, sostiene Galloni. Ma quali devono essere le linee direttrici di questa politica estera? Su questo, Galloni non ha dubbi: “Deve essere una politica estera con lo sguardo rivolto ai paesi che si affacciano sulle sponde sud e sud-ovest del Mediterraneo perché quella orientata verso l’Europa seguita finora è stata penalizzante per la Sicilia”. Ma non c’è solo quest’aspetto di natura geopolitica di cui Galloni suggerisce di tenere conto per la crescita dell’economia dell’isola. Da economista neokeynesiano, che ha bene appreso la lezione del suo maestro Caffè, sostiene che, per lo sviluppo della Sicilia, si debba agire su due leve: “Bisogna fare in modo che aumentino le esportazioni di beni prodotti in Sicilia, soprattutto quelli ottenuti dalla trasformazione di frumenti antichi siciliani e carni provenienti dalle aziende agricole e zootecniche, e si riducano le importazioni di beni prodotti altrove e nello stesso tempo bisogna far crescere la domanda interna aumentando stipendi e salari, come, fatte le debite proporzioni, stanno facendo in Cina”. Una politica di sviluppo economico deve tener conto dell’assetto del territorio. E’, questa, la terza e ultima ma non la minore, questione per la quale è necessario trovare soluzioni radicali. “Quello siciliano è un territorio con una complessa articolazione che si caratterizza principalmente per un forte squilibrio tra zone costiere, dove si concentra la maggior parte della popolazione, e le zone interne con borghi e paesi in via di spopolamento, che non è agevole raggiungere percorrendo strade in pessime condizioni”, aggiunge Galloni. Con quali risorse? “I risparmi dei siciliani e i capitali esterni che si possono attrarre con dei progetti credibili di recupero e messa a valore del ragguardevole patrimonio culturale siciliano”, indica Galloni.

Silvano Privitera

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