Ci voleva il coronavirus per far venir fuori le carenze derivanti da decenni di tagli e di saccheggi alla sanità pubblica, risollevando così il coperchio di un vaso di Pandora colmo di mancanze derivanti da decenni di tagli e di saccheggi alla sanità pubblica. E non c’è dubbio che le migliaia di morti sono state causate, più che dal virus, da tutta una serie di carenze che vanno dalle semplici e banali mascherine, ai tamponi, per non parlare del personale sanitario e dei posti di terapia intensiva. Il numero dei nostri morti è impietoso e non ha confronti con la mortalità di altri paesi. Sono migliaia le famiglie che in questi giorni piangono i loro cari, a causa di distintissimi personaggi che hanno saccheggiato miliardi e miliardi, togliendo perfino l’ossigeno, non solo ai malati, ma a tutto il Paese e gravandolo di uno dei debiti pubblici fra i più disastrosi del mondo. Chissà quante “sghignazzate” si saranno fatti (alla facciazza nostra), facendo pagare una siringa 5, 10 volte il costo reale. “E la questione diventa ancora più grave – si legge in un articolo di un quotidiano siciliano, pubblicato nell’agosto del 2015 – se si va oltre il siringone, totem ironico (ma fino a un certo punto) delle disparità di costi nell’acquisto di beni e servizi in sanità. Alcuni esempi esemplificativi? Quasi un euro di differenza, nell’urinometro (sistema per la misurazione della diuresi) fra il Policlinico di Messina e l’Asp di Trapani; i circa 300 euro di sovracosto – fra l’Asp di Trapani e il Garibaldi di Catania – per una pinza riutilizzabile dello stesso modello e prodotta dalla medesima ditta; e poi, in tema di servizi non sanitari, il lavanolo (lavaggio e noleggio di biancheria ospedaliera) in una provincia costa 2,28 euro a posto letto, comprensivo di integrazione biancheria e di lavaggio divise, mentre in un’altra si usa un metodo diverso, con 3,32 euro a giornata di degenza, più 56 centesimi giornalieri per ogni singolo dipendente, facendo quasi raddoppiare il costo. Basta aggiungere molti zeri a questi decimali e il gioco (non sempre pulito) è fatto. Esempi spiccioli – concludeva l’articolo – di un affare miliardario”. E se andiamo più in alto dalla Sicilia, che dire della eccellente sanità della progredita, efficiente Lombardia? Un’ultra storia nera, fatta di scandali, corruzione, arresti e truffe. Dove, al di là dei reati specifici fatti da dirigenti, manager, primari e politici, l’esito di molte inchieste dimostra che la decantata alleanza pubblico–privato è una favola che illude i malati, imbavaglia i medici, impoverisce la sanità di tutti e arricchisce le aziende di pochi. Insomma, l’affaire sanità è una corruzione che coinvolge tanti “attori”, i quali probabilmente non pensano che possono generare anche tanta morte. Non ci interessa invocare la galera per questa gente, solo che smettano di rubare il nostro futuro e la nostra stessa sopravvivenza. Per cui vanno allontanati, tenuti a distanza per non contagiare più le istituzioni, i partiti, la burocrazia e l’economia intera. Adesso si parla tanto dei 750 miliardi di aiuti approvati dal governo, si cerchi di non bruciarli alla maniera italiana. L’Italia è in ginocchio, ma vuole rialzarsi, lavorare duro, riconquistare la speranza, ma tutto sarà inutile se tutti questi furbastri continueranno ad operare vanificando ogni sforzo. Chi sta nei partiti sa bene chi sono: che li allontanino e smettano di inciuciare. Ma ognuno di noi deve fare anche la sua parte, rinunciando ad aiuti in cambio di voti e di favori, da parte di politici e di tutti quei personaggi ambigui che agiscono come tramite.
Giacomo Lisacchi