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Opportunismo in politica: il caso del Pd nel referendum

Dovrebbe creare un certo imbarazzo al Pd il referendum confermativo del 20 e 21 settembre sul taglio del numero dei parlamentari. Dovrebbe, ma non sembra. Si racconta, lo fa L’Espresso, che al Pd di Milano sia arrivato dal centro nazionale del partito l’ordine di chiedere al comune l’assegnazione degli spazi elettorali. Quelli di Milano ci riflettono un po’ e si domandano: ma dobbiamo chiederlo per il “NO” o per il “SI” al referendum? Non riuscendosi a dare una risposta, girano la domanda al centro nazionale che gli risponde pressa a poco così: intanto chiedete gli spazi, vi faremo sapere dopo se saremo per il “SI” o per il “NO”. Come spiegare questo strabiliante esempio di opportunismo? Per tre volte senatori e deputati del Pd hanno votato “no” alla riduzione del numero dei parlamentari, senza consultare i loro elettori. La quarta volta hanno votato “si”, anche questa volta senza consultarli. Ma di quale rappresentanza, di quale accountability, di quale responsabilizzazione verso gli elettori, si parla quando si sa che deputati e senatori che, con le liste bloccate, sono di fatto nominati dal segretario nazionale del partito. Almeno una spiegazione di questa giravolta, il Pd, avrebbe dovuta darla. Votare “si” alla quarta votazione, dopo aver votato “no” nelle precedenti tre votazioni, per il Pd era indispensabile per dare vita alla coalizione con il Movimento 5 Stelle. Avrebbe dovuto dire che una coalizione Pd- M5S al governo del paese è di gran lunga preferibile ad una coalizione di governo Lega-Fratelli d’Italia, che avrebbe fatto a pezzi la Costituzione, aperto un conflitto con l’Unione Europea dagli esiti terrificanti per l’Italia, ridotti gli spazi di democrazia e chissà come avrebbe gestito la pandemia del coronavirus. Il Pd aveva condizionato il suo “si”, nella quarta votazione, alla legge costituzionale sul taglio del numero dei parlamentari, voluta dal M5S che ne ha fatto un suo cavallo di battaglia, ad una riforma del sistema elettorale per ridurne gli effetti negativi. Uno di questi effetti ha a che fare con la rappresentatività dei territori. Riducendo il numero dei parlamentari ed ampliando quella che i politologi di scuola anglosassone chiamano la “constituency” (la circoscrizione, il collegio elettorale), i territori in declino demografico, come quello della provincia di Enna ad esempio, rischiano seriamente di non aver alcuna rappresentanza. Ma è ancora nella mente di Dio questa nuova legge elettorale, che per essere una buona legge dovrebbe essere condivisa anche da altre forze politiche come Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, oltre che naturalmente dal M5S.

Silvano Privitera

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