La Kermesse Sanremese è giunta alla sua settantunesima edizione. E, come al solito, non mancano le polemiche. Quest’anno le polemiche si acuiscono alla luce del Covid e troviamo sovente inviti al boicottaggio del Festival in quanto “non era il caso di effettuarlo”. Molto debole come tesi, ma ancor più debole è il solito slogan populistico che punta il dito verso gli stipendi dei vari conduttori e ospiti. Vabbè, cerchiamo di dire la nostra nella libertà di pensiero. Alla prima debole tesi, ben si addice il fatto che proprio nel momento di crisi, proprio nel momento in cui ognuno di noi è spaesato, impaurito, disperato, c’è bisogno di riunirci attorno a simboli. Ci siamo sperticati in lotte per riaprire le Chiese mettendo davanti la salute dello Spirito. Simili sperticate lotte anche per il riavvio della Serie A di Calcio. Con le dovute differenze, non pensate che la salute dello spirito valga anche per i laici? Per i non tifosi? Non pensate che le vostre tesi siano adatte anche a Sanremo che è una Chiesa e uno Stadio della Musica? Un luogo di incontro, un simbolo, un segno di unità che, forse, ancor più delle Chiese e degli Stadi, riunisce veramente l’Italia da Nord a Sud perché nessuno, ma proprio nessun italiano riesce a stare senza Sanremo. I non cattolici fanno a meno delle Chiese e non si curano del Cattolicesimo. Chi di calcio non si intende non ha mai visto una partita di serie A e quando le danno in televisione passa in qualche altro canale con nonchalance. Chi odia il festival di Sanremo non riesce a far a meno di parlare del festival per boicottarlo. Quindi il festival interessa anche a chi non vuole il festival. Ecco quindi la necessità del Festival: i simboli non vanno toccati. È giusto che vadano avanti. Ancor più debole è la classica polemica sugli stipendi, cosa che avviene ogni anno ma che il Covid ha avuto effetto catalizzatore. Sempre tornando agli esempi delle Chiese e, ancor più degli Stadi, non pensate che fare una partita sia a costo zero? Luci, amplificazione e così via… Quanti soldi spendono le società per comprare i calciatori? Quante sono opulenti le nostre chiese? Vien quasi da pensare ad una canzone di Luigi Tenco, morto a Sanremo, dal titolo “Cara Maestra” che recita:
“Mio buon curato
Dicevi che la chiesa
È la casa dei poveri
Della povera gente
Però hai rivestito la tua chiesa
Di tende d’oro e marmi colorati
Come può adesso un povero che entra
Sentirsi come fosse a casa sua”
Detto ciò, forse la migliore risposta alla necessità del festival di Sanremo risiede in una canzone che sta concorrendo a questa Kermesse. Si tratta di “Musica Leggerissima” di Colapesce e Dimartino. Andatela ad ascoltare.
Alain Calò
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