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Una pillola per risolvere i problemi di colesterolo

colesteroloUna pillola per risolvere i problemi di colesterolo. L’American Heart Association e l’American College of Cardiology hanno stabilito nuove linee guida per il colesterolo, nemico giurato del cuore. Ma basterà davvero prendere una pillola al giorno, una statina per l’esattezza, per trarre benefici? A detta di molti esperti, sarebbe la vera prevenzione primaria e non i farmaci ad avere effetti benefici. Anche perché focalizzare l’attenzione sul colesterolo come unico bersaglio è fuorviante: le statine potranno anche ridurlo, ma è un obiettivo secondario rispetto a quello primario di incidere sulla mortalità totale per malattie cardiovascolari.

Scrive John Abramson, professore ad Harvard Medical School e autore del saggio Overdosed America: The Broken Promise of American Medicine: “Le nuove linee guida di fatto ampliano il bacino dei candidati alle statine perché invitano a trattare persone che hanno un basso rischio di malattia cardiaca, maggiore del 7,5% nell’arco di 10 anni, rispetto a una soglia di rischio superiore del 20% delle precedenti raccomandazioni”. Sono in molti a pensare che le nuove linee guida siano semplicemente una strategia commerciale. Perché con le nuove raccomandazioni però, che si sia a rischio o no, tutti dovrebbero affidarsi alla prevenzione con statine.

Nel 2011 una revisione sistematica di vari studi clinici della Cochrane Collaboration, gruppo internazionale no-profit che valuta e diffonde lnformazioni sull’efficacia di interventi sanitari, concludeva che c’erano “scarse prove a sostegno della prevenzione primaria con statine tra le persone a basso rischio cardiovascolare (cioè inferiore al 20% in 10 anni) perchè il rapporto rischio-beneficio era sfavorevole”. Due anni dopo, sempre una revisione Cochrane sulla prevenzione primaria affidata a statine concluse invece che riducono non solo gli eventi cardiovascolari, ma anche la mortalità per tutte le cause in persone classificate come a basso rischio.
A conclusioni non dissimili era giunta un’altra vasta analisi di più studi fatta dal Cholesterol Treatment Trialists (Ctt) Collaboration: “I benefici superano di gran lunga i rischi legati all’uso di statine, quali miopatia e diabete»” Tutti gli studi inseriti nell’analisi della Ctt, precisa Godlee, erano però finanziati da chi produce statine. Perplessità condivise da Abramson: “Le raccomandazioni sono state elaborate da un gruppo di esperti con conflitti di interesse: diversi di loro hanno legami con l’industria farmaceutica, e sia l’American Heart Association sia l’American College of Cardiology, nonostante siano organizzazioni non profit, sono finanziate dall’industria dei farmaci”.

Alle critiche del British Medical Journal si è unito anche Lancet, prestigiosa rivista medica.
Paul Ridker e Nancy Cook, esperti in prevenzione di malattie cardiovascolari, spiegano sulla rivista come le nuove linee guida prevedano l’uso di un calcolatore di rischio, un algoritmo scaricabile dalla rete in cui riempendo alcune caselle (età, sesso, presenza o meno di diabete, se si è fumatori o no) si ottiene il proprio rischio di malattia cardiovascolare nei successivi dieci anni. Secondo i due esperti, l’algoritmo adottato dalle nuove linee guida, sovrastima il rischio arrivando a raddoppiarlo. In questo modo si può facilmente giungere a una sovraprescrizione, ossia una prescrizione non utile, di statine. “Si assisterebbe così a un’epidemia improvvisa di malattie cardiovascolari”, ha ironizzato Abramson in un articolo sul New York Times. “Secondo i nostri calcoli con le nuove disposizioni le persone sane cui potrebbero venire raccomandate le statine aumenterebbero del 70%. E a beneficiarne più di tutti sarebbe l’industria farmaceutica”.

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