Alla mia Nazione
Caro Pasolini sono passati 40 anni dal tuo assassinio e l’Italia è diventato un Paese sempre più meraviglioso.
Il Nord insegue Berlino mentre il Sud muore piano, piano. Il sottoproletariato c’è ancora e sta pure bene, lavora nei call center o raccoglie uva e pomodori insieme ai rifugiati politici, morendoci di tanto in tanto. La borghesia arranca, ma resiste coltivando il mito dell’egualitarismo e plaudendo a un gesuita che fa il francescano. I benpensanti vanno tutte le domenica a messa e non vedono le lacrime del loro vicino che vorrebbe solo essere: essere gay, divorziato, istruito, riflessivo, progressista e invece non può. Può essere solo moderatamente conformista, scandalosamente pedante, intellettualmente onesto e politicamente praticante, un poco di sinistra, ma poco, giusto quel tanto che basta per dirsi impegnato e coscienziosamente ardito.
Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.
Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.
a cura di Gabriella Grasso
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