Mi dovete scusare se questo articolo è lungo e un po’ complicato, parla di economia (per quanto ne capisco leggendo i giornali) e finisce con il parlare di immoralità che è una parola vecchia.
Dovete seguire il ragionamento. Se non avete la pazienza di capire quello che sta succedendo e non accontentarvi di quello che ci stanno raccontando, allora finiremo prigionieri.
Dovete avere perciò la pazienza di leggere con attenzione quello che ho da dirvi, perché io queste cose le ho vissute sulla mia pelle e non voglio che si ripetano sui miei nipoti.
In questi giorni dalla parola “antipolitica” siamo passati alla parola “populismo”, da Grillo siamo passati (nuovamente?) a Berlusconi. Questo passaggio non è un passo avanti, anzi è proprio un passo indietro. La radice è la stessa ma gli effetti e la sostanza sono molto diversi. Ne parlano tutti i giornali d’Europa e Stati Uniti, perché alla apparente somiglianza corrispondono personaggi diversi sono e storie diverse. Quello che si può perdonare a un improvvisato capo popolo, ad un avventuriero, non lo si può perdonare ad un uomo che ha rappresentato lo Stato per anni.
Il presidente dell’Istituto universitario europeo di Firenze centra il punto: “I leader populisti in genere hanno soluzioni facili a problemi complicati”. Il populismo è semplificazione. In generale si può parlare di populismo quando la politica, incapace di parlare alle persone attraverso argomentazioni razionali, comincia a parlare solo attraverso gli slogan e si personalizza sempre in un leader che dice di incarnare i desideri della nazione.
Il vocabolario Treccani, alla parola “populismo” cita tra l’altro: “atteggiamento ideologico che esalta in modo demagogico e velleitario il popolo come depositario di valori totalmente positivi. Con sign. più recente, e con riferimento al mondo latino-americano, in partic. all’Argentina del tempo di Perón, forma di prassi politica, tipica di paesi in via di rapido sviluppo, caratterizzata da un rapporto diretto tra un capo carismatico e le masse popolari, con il consenso dei ceti borghesi e capitalistici”.
Adesso se avete pensato al Berlusca capirete anche voi che queste definizioni si addicono al suo ventennio (fatto di diciotto anni) ma non al suo atteggiamento di oggi. Perché il carisma non dovrebbe esserci più, e non dovrebbe esserci nemmeno il consenso dei ceti borghesi e capitalistici.
Capite anche voi che quando si parla di Argentina (e di Peron) mi fate un invito a nozze e non posso starmene zitto. L’Italia si è ridotta a livello di paese latino-, dove quando si sta per uscire da una crisi economica, qualcuno si illude di fare il furbo e succede sempre una nuova catastrofe finanziaria. Si era appena spenta l’eco dei “Bond” argentini, dei titoli che avevano rovinato mezzo mondo, e si cominciava di nuovo a respirare ed ecco che si profilano all’orizzonte i ”tango bond”, una nuova gravissima crisi finanziaria a strisce bianche e azzurre.
Il parallelo con l’Italia è fin troppo evidente. Hanno un bel dire tutti questi residuati bellici dell’opposizione “populista” al governo Monti che lo spread non esiste, che è un’invenzione dei mercati e della Germania. Lo ha detto in tv l’altra sera Brunetta (l’ex ministro per chi l’avesse dimenticato), lo dice Grillo, lo dice adesso Berlusconi, come sempre con il “trasi e nesci” (entra ed esce = ambiguamente per evitare malintesi), per cui oggi è contro l’Europa e domani è il più europeista di tutti (a parole).
Ma come si fa a dire che la differenza fra il rendimento dei titoli di stato tedeschi e quelli italiani è un falso problema? Allora perché il debito dell’Italia aumenta? La speculazione vi diranno. Ma perché la speculazione non è contro la Francia, perché i titoli tedeschi pagano lo 0,1% di interessi e noi quasi il 5%? Semplicemente perché spread o non spread la nostra capacità di garantire i nostri debiti è molto più bassa. Perché in Italia ci sono le persone serie ma ci sono pure i cialtroni. “Comprereste un’auto usata da quest’uomo?” in questa famosa frase americana c’è tutta la sostanza dei mercati, molto semplicemente.
Se c’è una cosa stupida è fare i sacrifici e al momento in cui si incomincia a intravedere una prospettiva positiva, scompaginare tutto e ricominciare da capo. “Tipicamente italiano”, secondo tutto il mondo, e non è colpa di noi cittadini se il mondo ci vede così ma di certi nostri governanti, che sicuramente non sono gli Andreotti, i Fanfani, i Craxi, persino gli Amato e i Prodi e certamente nemmeno i Monti, ma questa gente che “scende in campo” come se fosse un gioco.
Nei giorni dello spread alto la borsa di Milano è andata giù e chi ha qualche risparmio in titoli e obbligazioni ha visto i propri risparmi calare a vista d’occhio. Chi aveva investito 10 mila euro non in azioni ma in prudentissimi prodotti bancari (chi ne ha di più li porta all’estero, lo sappiamo tutti, e perciò se ne frega), li vedeva scendere di valore a 9.900, 9800 e così via ogni giorno. Solo in queste ultime settimane i valori stavano risalendo lentamente e sono risaliti a 10.001. Da stamattina non è più così, già siamo di nuovo a 9.800 in un colpo solo (tanto per capirci). Un anno di sacrifici per ritrovarci al punto di partenza. Quel poco che la gente comune, il ceto medio ha messo da parte è a rischio.
Qualcuno cerca di spiegarci che uscendo dall’euro e tornando alla lira tutto si sistemerebbe, perché potremmo svalutare liberamente e avremmo risolto tutto. Evidentemente chi dice queste cose è solo perché c’è gente che vuole sentirsele dire. Come fanno d’altra parte certi sindacati, a cui non interessa se c’è produzione o no, basta proclamare sciopero per fare capire che si è contro… perché c’è gente che vuole sentirselo dire.
Se fossimo negli anni trenta, se fossimo come i paesi dell’est fino agli anni ’80 potrebbe ancora andare bene. Ci sarebbe l’autarchia, consumeremmo solo quel che produciamo e via discorrendo. Ma pensate di poter vivere senza cellulari, senza coca-cola, senza cioccolato, senza caffè, senza computer, guidando solo Fiat (se dovesse esserci ancora)? Perché non potremmo permetterci di acquistare niente dall’estero perché i prezzi sarebbero impossibili. Tranne qualche pazzo (ma anche lui berrà pure il caffè e non l’orzo come surrogato), sappiamo che tornare indietro nella strada dell’industrializzazione e del consumo non è possibile e nemmeno vogliamo.
Senza contare che importiamo la metà dell’energia di cui abbiamo bisogno e non saremmo in grado prima di dieci anni di fare fronte alle nostre necessità (sempre se siamo disposti a costruire le centrali nucleari…).
Nessuno di questi signori vi ha spiegato che da quando non esiste più la “scala mobile”, l’inflazione è diventata una tragedia, euro o non euro, lira o non lira.
Qualcuno vuole illuderci che tornando alla lira il potere d’acquisto dei nostri stipendi si raddoppierebbe, con una formuletta da sciocchi: se dalla lira all’euro abbiamo raddoppiato tutto tranne gli stipendi, tornando alla lira dimezzeremo tutto e raddoppieremo gli stipendi. Pura follia. È vero il contrario.
Solo dei pazzi possono pensarlo. I nostri risparmi, legati ai mercati internazionali scomparirebbero dall’oggi al domani. Non ci sarebbe una lira per i servizi e gli stipendi pubblici.
Vogliamo davvero diventare un paese sud-americano? Dove non a caso le crisi di governo si susseguono continuamente: levati tu che mi ci metto io.
A meno che non pensate ad un governo di tipo comunista, dove non c’è nessun rapporto con il “mercato”, dove tutto è statalizzato e non c’è iniziativa privata. Se non pensate ad un sistema “chiuso”, allora dovete fare i conti con il mercato e con i tassi e con la borsa e con tutte queste diavolerie.
E poi perché non ci dicono, non vi dicono che i nostri debiti sono in mano estera? E che solo con una dittatura potremmo dire al mondo che questi debiti non li vogliamo pagare? Ma una dittatura tipo Corea del Nord, isolata dal mondo e con le statue del premier alte cento metri!
I populisti, comici di professione o per divertimento personale, ci stanno imbrogliando, non ci stanno dicendo la verità, ci stanno dicendo solo quello che vogliamo sentirci dire, da ignoranti quali siamo (o che pensano che siamo): abbasso Monti che ci ha aumentato le tasse e ci ha tolto la pensione! Per domani? Vedremo.
Non sono io a dirlo, ma mezzo mondo. Se queste cose le dice Grillo può ancora starci, è un movimento di protesta, non ha la pretesa di essere uno statista. Raccoglie il malcontento di chi non legge i giornali, di chi non si sforza di capire, dell’uomo qualunque che ritiene i politici tutti uguali e basta e questo lo soddisfa. Se lo dice la Lega è già una sciocchezza, perché loro vogliono uscire dall’Europa per ritornarci da soli, senza il resto dell’Italia stracciona del centro-sud. È invece un assurdo che lo dica un uomo che si sente uno statista, che ha guidato il più grande partito moderato dopo la Democrazia Cristiana, che ha guidato l’Italia per anni e che ha dovuto lasciare il comando perché tutto stava andando a scatafascio, nella vita pubblica e in quella privata.
Se era così capace perché non lo ha fatto? se era così bravo perché ha dovuto ritirarsi di corsa?
A quanto pare lo ha capito pure la Chiesa, che si è finalmente resa conto che avevamo a che fare un immorale, negli affari come nella vita privata. E ce n’è voluto!
Forse, però mi sbaglio. In genere si può dire che il concetto di immoralità è legato al tradimento di un proprio impegno personale. Ma Berlu, tranne la sceneggiata televisiva del contratto con gli italiani, gli impegni non li ha presi nemmeno con i suoi collaboratori e tirapiedi, li ha presi solo con se stesso!
Q – G.L. Borghese
Q è la quindicesima lettera dell’alfabeto italiano e la diciassettesima di quello latino ed è l’unica lettera che nella nostra lingua non si può leggere da sola, se non accompagnata dalla “u”.
In questa ottica Q è una lettera “singolare”, nel senso di particolare, unica, e “plurale” nel senso che non può stare da sola.
Q è pure il titolo di un romanzo scritto da quattro autori sotto lo pseudonimo multiplo di Luther Blisset, e che si definiscono “nucleo di destabilizzatori del senso comune”.
Q è dunque “plurale” anche in un senso più ampio. Lascerà di volta in volta a voi lettori informatici il compito di completare ed interpretare, secondo la vostra libera scelta o inclinazione politica, le provocazioni che vi verranno proposte dall’autore, un ennese che da lontano ma puntualmente segue, attraverso internet, gli eventi che travagliano questa terra.
Q è “plurale” anche in un senso più ampio.
PS – A chi credeva che era tutta un’invenzione consiglio di dare uno sguardo al titolo del libro di Giuseppe Barcellona, “Q L’enigma del Messia”, Edizioni La Zisa.
Il boa e la gazzella smarrita by Giorgio Borghese
Il sole basso di un giorno ormai declinante. Il volto di una ragazza dolcemente abbandonato su un prato. Lo sguardo di un uomo in procinto di innamorarsene. Tutto molto naturale, se a gravare quest’uomo non ci fossero tre dozzine di anni in più della ragazza e un bel po’ di chili di troppo. Un minimo di saggezza avrebbe suggerito di abbandonare la partita. Ma gli dei talvolta si divertono ad accecare coloro che vogliono perdere; e con il suo folle danzare tra realtà e immaginazione, il sogno in mezzo a far da tramite, il nostro quasi vecchio e quasi grasso protagonista entra nel novero di quegli sventurati…