Sono stati lanciati due video-guida di Morgantina su YouTube, la città siculo ellenizzata scoperta nei pressi di Aidone e dalla quale furono trafugati i Tesori che tra il dicembre 2009 e la primavera del 2011 faranno definitivamente ritorno nel Museo di Aidone: gli Acroliti delle dee Demetra e Kore (13-12-2009), gli Argenti detti di Eupolemo (3-12-2010) e la statua di dea di scuola fidiaca conosciuta come Venere di Malibù.
Le video guida sono una in italiano e l’altra nel dialetto galloitalico aidonese; quest’ultima è frutto di un’operazione altamente culturale che ha voluto coniugare i due elementi peculiari e distintivi dell’identità aidonese: la cultura siculo-ellenistica che trova in Morgantina il più alto punto di sintesi e la civiltà normanna alla quale si deve la rifioritura, in epoca mediavale, della comunità aidonese con la trasfusione di genti provenienti dalle regioni del Nord Italia, portatori di un linguaggio che, pur con gli inevitabili adattamenti al siciliano dominante, ha mantenuto per secoli le sue peculiarità che lo differenziano ancora oggi dalle parlate siciliane.
Sono i primi passi dell’ambizioso progetto di un portale turistico dedicato esclusivamente a Morgantina e ai suoi tesori, ad Aidone e alla sua storia, la sua cultura materiale ed immateriale. Il sito prodotto dalla redazione di ViviEnna.it ha come partner alcune associazioni aidonesi – ADA, Archeoclub, Pietre Vive -, e il Parco Archeologico di Morgantina che collaboreranno sinergicamente per offrire ai potenziali visitatori uno strumento utile alla promozione ed allo sviluppo turistico di Aidone e dell’intero comprensorio.
La realizzazione di questo sito, la cui implementazione di contenuti e la cui gestione ViviEnna.it ha offerto in maniera gratuita agli Enti preposti, vuole essere un input a quanti credono che Aidone ha una ricchezza notevole, consistente nel suo patrimonio materiale ed immateriale, che deve essere conosciuto e sponsorizzato attraverso i vari canali, un patrimonio da valorizzare e offrire attraverso pacchetti turistici che non si limitino all’archelogia ma coinvolgono anche le bellezze naturali e paesaggistiche, le considerevoli testimonianze monumentali, il dialetto, la memoria storica.
La video-guida, la prima di una serie, ha visto all’opera, in maniera totalmente gratuita, più professionalità; le riprese, realizzate nei luoghi di Morgantina che afferiscono alle varie epoche, selezionate e montate da Giuseppe Bonasera; le musiche di Emanuele Primavera che magistralmente accompagnano il visitatore virtuale, aiutandolo ad immergersi nelle magiche atmosfere create dai ruderi parlanti; i testi, scientificamente corretti, curati dall’archeologa Carmela Bonanno, la prima tra l’altro a proporre un simile esperimento che, a primo acchito, era sembrato un azzardo; la trasposizione in dialetto galloitalico curata da Franca Ciantia con la preziosa collaborazione di Laura Randazzo e della sua famiglia, la stessa Laura Randazzo, una giovane dottoressa in Filosofia dai poliedrici interessi, che è pure la voce narrante sia in vernacolo che in Italiano.
Il valore di questa versione in galloitalico, che ad alcuni potrebbe apparire snobbistica o obsoleta, è espresso nel modo migliore dalla stessa Randazzo, che nonostante la giovane età riesce a penetrare l’anima della “lingua” dei nostri padri: “Il dialetto è un suono ancestrale, atavico che è dentro di noi aidonesi, che qualcuno, forse per vergogna o per noia, ha disimparato ad ascoltare, ma quel suono resta lì tenace e aspetta solo di essere emesso. Non mi vergogno di saper parlare la lingua dei nostri nonni, anzi, conoscerla e promuoverla come patrimonio da proteggere ormai, mi entusiasma: mi sembra di ridare vita a quelle antiche voci di un tempo che “fu e più non è”. Saper parlare il dialetto, alla carcarazza come lo si definisce, per me è motivo di vanto, e non mi sento rozza o poco elegante, come molti etichettano chi ancora vi si esprime; portare a termine un progetto di recupero della nostra identità, delle nostre radici aidonesi sui bagliori e fasti della splendida Morgantina ha significato per me davvero molto; lasciare la testimonianza a chiunque voglia accoglierla, della nostra lingua: la nostra cultura linguistica è forse la nostra più grande espressione culturale”.
In effetti Laura mette in evidenza il fattore disgregante che ha tenuto lontani dal vernacolo gli aidonesi delle ultime generazione; il fatto di sentirlo rozzo, pesante, da cui il l’appellattivo “parrér’ a Karkarazza” cioè con i suoni sgraziati della gazza, ha indotto gli aidonesi ad adottare, negli usi sociali e con i forestieri, una forma dialettale sicilianizzata, percepita come più chiara, comprensibile e “leggera”, e ad abbandonare quasi definitivamnete la forma galloitalica. Questo esperimento, giungendo, attraverso i nuovi mezzi di informazione, ai giovani che ne sono i maggiori fruitori, può destare il loro interesse e avvicinarli ad un mondo che, come abbiamo scoperto tutti quelli che ci siamo accostati da grandi, è dentro di noi e non chiede altro che di essere tirato fuori.
Franca Ciantia
VISUALIZZA I VIDEO:
Morgantina in dialetto Gallo-Italico
Morgantina versione in italiano
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Nota sull’aidonese, un galloitalico di Sicilia:
Il dialetto parlato in Aidone, unitamente a quello di Nicosia, Piazza Armerina, San Fratello e Sperlinga, viene denominato dai linguisti galloitalico. Questi dialetti, soprattutto nella fase più antica, si differenziavano dal siciliano per caratteristiche fonetiche, morfologiche e lessicali.
La loro origine va ricercata ai tempi della dominazione normanna e sveva della Sicilia, dall’XI al XIII sec., quando fu favorita l’immigrazione dei coloni provenienti dall’Italia settentrionale per ricostruire e ripopolare paesi e contrade sconvolte dalle guerre. Vi si insediarono con la loro cultura e la lingua che in alcune contrade, come le nostre , divenne predominante. Le aree di provenienza erano soprattutto Lombardia, Piemonte, l’antica Gallia Cisalpina, da qui la definizione di galloitalico e la relativa somiglianza con il francese che salta anche all’orecchio del profano.
In Aidone, la posizione un po’ isolata, nonchè la vicinanza con la galloitalica Piazza Armerina, hanno favorito la conservazione del dialetto per molti secoli, poi l’esigenza di comunicare ed effettuare scambi ha favorito il suo avvicinamento al siciliano. La forma vernacolare, conservata nei documenti scritti (soprattutto composizioni poetiche dell’inizio del Novecento) e nell’uso attuale di pochi parlanti, aveva già subìto l’impoverimento morfologico e lessicale a favore del siciliano e mantenuto più a lungo gli esiti fonetici. All’inizio del secolo (1902), A.Ranfaldi scriveva in un sonetto: “A ddinga ch’ogn giurn us a v’rsùra, Nan eia com a cudda c’tatìna ” (la lingua che ogni giorno uso in campagna, non è come quella cittadina), testimoniando di fatto una situazione di bilinguisno che ancora perdura: il vernacolo parlato in ambienti familiari e rurali e il “siciliano” riservato alla piazza e ai forestieri.
Tale condizione oggi appartiene a pochi parlanti, il resto della popolazione parla solo la forma sicilianizzata che dell’antico galloitalico mantiene il più vistoso esito fonetico: la caduta delle vocali finali e lo scempiamento di <e> ed <i> in posizione atona.
Oltre ad Aidone sono in provincia di Enna i principali centri galloitalici: Nicosia, Sperlinga, Piazza Armerina e poi in provincia di Messina: San Fratello, Acquedolci, San Piero Patti, Montalbano Elicona, Novara di Sicilia, Fondachelli-Fantina.
Quali sono le peculiarità del galloitalico rispetto agli altri dialetti siciliani?
– LA MUTOLA: Abbiamo detto che il fattore fondamentale di differenziazione è costituito dalla fonetica, l’elemento che di primo acchito salta all’orecchio è la presenza della mutola, di questa vocale indistinta, quasi muta, ma della quale percepisci lo spazio e l’intensità. La frequenza della mutola in fine di parola, fa sembrare le parole tronche e l’etimologia popolare da sempre ne ha attribuito l’origine al francese. Questo è ancor più vero nell’aidonese dove si può dire che non esista parola che non presenti almeno una mutola, alcune ne presentano un numero tale da rendere la parola scritta quasi illeggibile, un esempio per tutti: ż’r’mingh’, la cicatricola dell’uovo (dal lat. Germinem).
IL TRONCAMENTO DELL’INFINITO VERBALE Un’ altra caratteristica che fa tanto “francese” il galloitalico; mangè / mangèr‘ e poi part’r e vinn’r , fer’, parrè, z’rchè.
L’IPERCORRETTISMO che si manifesta come ipersicilianismo, cioè unesagerato adeguamento alla lingua dominante: es.: la -ll- intervocalica diventa come nel siciliano -dd- ( bedd’ > beddu ) ma il processo di adeguamento va oltre cacuminalizzando tutte le < l >, anche in posizione iniziale, siano esse scempie o doppie: in aidonese: dditt’ (letto), ddusgèrdula (lucertola), ddumàr’ (accendere), esisti sconosciuti al siciliano.
ESITI PARTICOLARI NEL CONSONANTISMO: – – la <c> o <cc> palatale (suono di cibo, ceci ) derivata dal latino < pl /cl >, es: cciov’r, ccioviri, cciou, contro il siciliano chjoviri e l’ italiano piovere; cciò, ciov’, contro chiovu e chiodo,
– la < ż e żż > (suono sonoro di zero) che deriva dalla < g+ vocale palatale>, sia in posizione iniziale che intervocalica: es. żenn’r’, żimm’ , friżż’r (genero, gobba, friggere) a fronte del siciliano: iènniru, immu,friiri.
– la < zz- > (suono sordo di piazza, zio) che deriva da < c + vocale palatale> es: (cenere, ceppo), contro il siciliano cinnira e cippu . zzinn’ra, zzipp’
– la < sg > (suono che richiama più o meno quello del francese jamais, je) da <-c-> intervocalica seguita da vocale palatale <e -i> es. d‘isgìa, crusg’, stasgìa, brusgè (diceva, croce, stava, bruciava), in siciliano: diciva, cruci, staciva, bruciari;
– la < ngh >, l’esito forse più tipico, cioè la velarizzazione della nasale in finale di parola singolare che termini con <-uno, -ino, ono, one, ano…> es.: ungh’,ż’r’mingh’, mangiungh’ , pangh’, vingh’, purtungh’ (uno, cicatricola, mangione, pane e vino
L’abbandono di questi esiti, sentiti come lontani dal siciliano, in un certo senso rustici e pesanti, è la caratteristica che fa la differenza tra la parlate arcaiche,parrer’ accuscì o a carcarazza e quella sicilianizzata, parrar’ accussì.
(F. Ciantia)