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Tolo Tolo è un film politico

Le polemiche sul videoclip Immigrato risultano subito ridicole e la canzone di chiusura, sui bimbi lasciati a casaccio dalla cicogna penalizzando gli africani ma anche i siracusani, lo sottolinea ulteriormente. Ridicoli appaiono anche i rampanti politici, confusi e autoriferiti e così pure risultano i bellocci cultori del sé alla ricerca della povertà che li rende ricchissimi. Zalone ride di tutti senza dimenticare se stesso e da maschio italiano accetta il confronto col nero africano…sotto la doccia. Il copione scritto con Virzì denuncia le debolezze dell’animo umano, i neri sanno essere infami e traditori come i bianchi e nelle difficoltà l’adagio mors tua vita mea vale per tutti. Checco, detto Cecco dai neri, è un imprenditore dell’alimentare. Stanco di macellerie e cibo tradizionale apre un sushi nelle Murge e ovviamente fallisce trascinandosi dietro gli investitori ossia i parenti, che sperano nella sua morte per estinguere i debiti, piangono da Giletti e gridano “prima gli italiani” per scatenare la clach. Checco fugge e l’Africa diventa la sua America. In Africa infatti la corruzione è organizzata e senza vincoli burocratici e soprintendenze si vivrebbe benissimo se non ci fossero le tante guerre, ignorate dall’occidente e usate dai militari così l’emigrazione diventa necessaria e l’Italia per gli amanti della cultura ambita ma non salvifica. Nostoi, ritorni, è il senso del film; ma Zalone agogna il Liechtenstein non i porti chiusi italiani divisi fra “aiutiamoli a casa loro” e “accogliamoli tutti”, fra buonisti e cinici, fra fascisti dentro e fascisti fuori perché Lui è in ognuno di noi anche nell’africano e col caldo viene fuori “come la candida”.

Gabriella Grasso

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