Enrico De Nicola, primo Presidente della Repubblica, pare si dimettesse un giorno si ed uno no. Avvocato civilista, napoletano, sobrio da sfiorare l’avarizia mentale, critico con se stesso e con gli altri in maniera a volte eccessiva, preciso, scrupoloso, elegante nel tratto e nella parola ed altamente pieno di se – ma ne aveva ragione – non ammettendo le critiche stupide (sempre esistite) anziché ribattere ad esse si dimetteva per poi ritirare le dimissioni una volta ricevute le dovute scuse.
Ed è passato alla storia come “il dimesso cronico” non per cattiveria altrui ma per foto dei fatti.
Nel bel paese poche, dopo di lui invero, le dimissioni. Celebri quelle di Giovanni Spadolini – che poi per tipologia non era molto distante da Don Enrico – che ministro degli esteri in un Governo Craxi quando questi osò accostare Arafat a Mazzini, nulla interposita more (senza alcun indugio) si dimise: tanto grave gli apparve l’offesa fatta all’esule genovese, suo maestro di vita politica e culturale. Altra dimissione celebre quella d’un altro gentleman, Giovanni Malagodi all’epoca Segretario del partito liberale, che viste le sue tesi disattese anche lui senza perder tempo o protestare, da ministro fece altrettanto. Qualche altra dimissione vi è pure stata, ma le ragioni di parrocchia in quei casi prevalsero e dunque non citabili come esempi. Anche se De Gasperi gentiluomo di formazione asburgico-cattolica pur disponendo di un’ampia maggioranza, quando un piccolo partito non influente sul piano parlamentare uscì dalla maggioranza, salì al Colle con velocità da spiri gonzales per presentare le sue dimissioni da primo ministro.
Ma non era accaduto (nel mondo!) che nel giro di un paio di giorni si fossero avute le dimissioni del ministro di Grazia e Giustizia per essersi vista (sic)la moglie chiusa in carcere domiciliare e poi quelle del primo ministro il quale, penso per espiazione delle sue colpe (ma da accertare con il confessore, ovviamente), si è sottoposto alla umiliazione della sfiducia in Senato – scontata – per andare a presentare le dimissioni al Capo dello Stato che, sant’uomo, glielo aveva detto che sarebbe stato meglio se l’atto formale lo avesse fatto prima e non dopo la batosta dei padri coscripti.
E il paese ha vissuto come un avvenimento tutto il percorso dei due, tifando come in un match di calcio e poi esultanza da un lato (la più parte) e delusione e schok dall’altra. Una passione da campionati del mondo trasmessa, minuto per minuto, non dalla Rai – servizio pubblico solo per il canone!-, ma da sky – tele privata e commerciale. Insomma un peana di senso di responsabilità e rispetto per il popolo. Il quale ora si trova a non capire cosa sia meglio fare: mandare tutti a casa anche se poveretti – i parlamentari – non avendo maturato due ani sei mesi ed un giorno di legislatura, rischiano di non avere un centesimo di pensione (cosa in Italia esecrabile!) ed andare alle urne con una legge che alcuni chiamano “porcata” ed altri lo pensano ma, convenendogli, non se ne curano più di tanto; oppure augurarsi un governo che chiameremo ponte (ma tra chi?) per fare una nuova legge elettorale (ma quale?) o addirittura far celebrare i referendum con il rischio che essendo da noi nulla di più stabile del transitorio, si vada avanti vita natural durante sempre litigando in casa e fuori e rendendo la vita agli italiani impossibile grazie a tasse, immondizia, carenza nella sicurezza, perdita del valore di acquisto dell’euro, e altre pinzillacchere?
Questo è il problema, avrebbe detto Amleto che poi alla fine non ci rimetteva nulla. Il povero Presidente della Repubblica che pur ne ha viste tante nella sua vita, non pensava ad una vecchiaia così accidentata. E forse per la prima volta visto ciò che sta combinando il “mai”comunista Veltroni ed il “neo” paracomunista Prodi si pente amaramente di non avere seguito in giovinezza altre idee che nella sua famiglia pur albergavano e che di certo non lo avrebbero condotto al Quirinale, palazzo bellissimo (è la più bella sede di capo di stato del mondo Buckingam Palace incluso!) ma con una maledetta vetrata dalla quale passano nani e ballerine entrando ed uscendo dal suo studio e tutti con un sussiego degno di miglior tempi!
Per ora comunque godiamoci il totodecisione con scommesse che si ritiene saranno gestite dallo enalotto che a farci caso è l’unica speranza di tranquillità che alberga nelle menti e nei cuori degli italici. Una vera passione dalla quale nessuno intende dimettersi.
Anzi.
grimliondr@libero.it
pubblicato il 27 gennaio 2008