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Q – LA CITTÁ INCANTATA 2

q-title_2Il secondo capitolo di questa storia infinita è l’università. In questo campo chi tocca i fili muore, senza bisogno di mele stregate e senza passare dal Via! come a Monopoli.

Chi pensava di essersi tolto di mezzo il Mirellone nazionale dentro le urne (senza usare incantesimi ma solo barando un po’ con la democrazia interna del PD) si era sbagliato. E allora provano a darci un bel taglio (della testa) come ai tempi di Robespierre.

Ma è possibile che esca fuori tutto in una volta, certe volte a distanza di anni? E va bene la storia dell’università rumena che solo a lui poteva venire in testa (e a quelli del CEPU, per dire la verità, ma con diversa sorte, parola di ministro). Ma tutto il resto?

L’università rumena è illegale, dice il ministro (non dico ministra perchè può confondersi con minestra): fate un bel decreto, chiudetela, mandate i carabinieri, se del caso. E invece no: il ministro si rivolge al borgomastro, al podestà, al vicario foraneo, alla guardia civile, al vice re, pure al nostromo in pensione, e – cosa ancora più strana – questi ritornano dal passato e intervengono. Gli altri invece si spaventano e nascondono le mani dietro la schiena come i bambini: io non c’entro, non ho fatto niente, non c’ero.

E poi ancora denunce per occupazione abusiva di suolo pubblico tipo gazebo, minaccia a mano armata nei confronti di studenti e genitori, raggiro di incapace, abuso di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio, e non vogliamo assolutamente mancare di rispetto alle ultime vittime innocenti), ci mancano solo gli atti osceni in luogo pubblico.

Ai tempi della commissione di liquidazione del Comune in dissesto hanno dato un milione strano all’università? Arrestateli, torturateli, uccideteli lentamente, se volete – pensiamo noi. Chi glieli ha dati naturalmente. E invece la colpa è di Mirello e dei suoi compari che non l’hanno speso. Strana vicenda in un paese in cui si spendono soldi che non ci sono: qui l’accusa sembra essere invece il fatto che i soldi ci sono e non li hanno spesi.

Semmai i soldi andavano dati al CEU e non alla Kore o alla fondazione, ma questo è un altro discorso e non sono molti a capirlo bene (le matrioske sono russe non rumene). La chiamano malversazione (sono stati versati male? Eh eh, i giuristi hanno uno strano modo di parlare).

Le vere perle sono invece mediatiche: il noto giudice palermitano gestisce i beni della mafia in maniera discutibile ma tuttora non è indagato ma solo trasferito su sua richiesta?: titolone sul ricercatore della Kore che si vanta un po’ e fa una figura peregrina.

Il noto professore e giurista presidente dell’antiqualcosa è candidato alla Corte Costituzionale? Titolone su una improvvisa e forse tardiva inchiesta (si badi inchiesta) su un arbitrato che riguarda, anzi riguardava la… Kore naturalmente! Arbitro cor…to verrebbe da dire al massimo!

I due più grandi progetti con fondi europei sono quelli progettati e realizzati dalla Kore e gli altri non hanno presentato nemmeno i progetti (o si sono classificati ultimi?). Titolone sulle solite oscure manovre di palazzo (palazzo, quale palazzo? Il mirellone non glielo hanno fatto fare…). Poi un’accorta indagine (da parte di chi o di che cosa non si sa esattamente) sulle norme di tracciabilità dei flussi finanziari e una bella multa multimilionaria con titoloni che fanno della Kore non un ente che è (forse) incorso in un’inadempienza amministrativa ma dei truffaldini qualsiasi.

Scandalo all’ANAS, alle Ferrovie etc.etc. Noti imprenditori arrestati come ai tempi dei Cavalieri di Catania (e con gli stessi dubbi), noti manager e dirigenti pubblici coinvolti? Titoloni sul professore della… Kore naturalmente coinvolto anche se non è imprenditore, non è amministratore nè dirigente e dunque non si sa perchè dovrebbe essere corrotto o corruttore… Magari sarà un corriere delle mazzette (sempre trasporti sono) o avrà progettato qualche torretta di avvistamento incendi… ma allora dovrebbe essere radiato da tutte le università del regno e internato perchè è un mentecatto (per dirla alla Sgarbi).

Badate bene, non stiamo criticando chi indaga e fa il suo mestiere, nè assolvendo nessuno, ma solo evidenziando la sproporzionata eco data sulla stampa e le strane coincidenze.

Nel frattempo lo stesso Mirello, da Senatore questa volta, andava a trovare il recluso Cuffaro in carcere, con tanto di permessi dovuti al suo status e come altri (diciamo venti?) “aventi titolo”, accompagnati da collaboratori. Ma quelli non erano collaboratori – ci si accorge adesso – ma possibili collaborazionisti, infiltrati per prendere ordini dallo scomodo prigioniero. Ma ce lo vedete voi il Salerno in questa veste? Ma poi perchè ci pensano solo adesso? Non potevano controllare prima? Titoloni.

Quel che è innegabile è che l’università ennese, tramontato o quasi il suo rais e mentore, rimane praticamente l’unica cosa che si muove dalle nostre parti, attira molto interesse o molta invidia, a secondo dei casi. Ne fanno fede le accorate o entusiaste reprimende che vengono dai soliti nemici o ex-amici di Mirello, quelli che non vincono mai ma sono contenti se gli altri perdono, come degli anti-iuventini qualsiasi.

Altri invece vorrebbero semplicemente affidare tutto alla politica new age che si usa adesso, con tanto di correnti e compromessi. Proprio una bella prospettiva, tipo CdA della Rai, per fare un esempio aggiornato (con o senza bestemmie).

Eppure, non vogliamo lasciarvi con l’amaro in bocca. In tanto immobilismo qualcosa si muove, anche senza disturbare Galileo.

Due protagonisti di questa stagione di battaglie a distanza lasciano: l’uno abbandonando la presidenza della fondazione (no, non la fondazione Proserpina che rimane uno dei misteri del secolo, ma della omonima versione greca con tanto di k), e l’altro assumendo l’incarico ad Isernia.

Le differenze fra i due fatti sono enormi: l’uno è un atto volontario, l’altro no. Del primo conosciamo il successore, poco credibile come in tutte la favole, che viene da un oblio decennale ma era lì imperturbabile e immutabile come tutto l’organismo di cui fa parte, dell’altro incomprensibilmente non lo conosciamo ancora, ma è assai probabile che si tratti di qualcuno che ristabilisca l’immobilismo prescritto, alterato dal suo predecessore, gentile consorte compresa.

Sempre che, alla faccia delle nostre deputazioni e delle assicurazioni del ministro dell’interno, ce ne mandino veramente uno nuovo o ci lascino invece senza, come auspicato dai cugini Piazzesi (sempre che esisteranno ancora a quella data, autolesionisti come sono).

A ben guardare i due hanno qualcosa in comune, al di lá delle inopportune battaglie verbali: tutti e due hanno contravvenuto all’imperativo categorico di lasciare tutto incantato com’era.

“Nna casa ‘i Varsalona, né si canta né si sona” diceva un antico detto ennese. Come volevasi dimostrare.

Q – G.L. Borghese


Q è la quindicesima lettera dell’alfabeto italiano e la diciassettesima di quello latino ed è l’unica lettera che nella nostra lingua non si può leggere da sola, se non accompagnata dalla “u”.
In questa ottica Q è una lettera “singolare”, nel senso di particolare, unica, e “plurale” nel senso che non può stare da sola.
Q è pure il titolo di un romanzo scritto da quattro autori sotto lo pseudonimo multiplo di Luther Blisset, e che si definiscono “nucleo di destabilizzatori del senso comune”.
Q è dunque “plurale” anche in un senso più ampio. Lascerà di volta in volta a voi lettori informatici il compito di completare ed interpretare, secondo la vostra libera scelta o inclinazione politica, le provocazioni che vi verranno proposte dall’autore, un ennese che da lontano ma puntualmente segue, attraverso internet, gli eventi che travagliano questa terra.
Q è “plurale” anche in un senso più ampio.

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