Comunque, rimase dentro di lei una convinzione interiore che “la sua vita non sarebbe dovuta finire in un modo ordinario”. Celina, profondamente amata dal marito, era anche lei moglie amorosa ed esemplare, che condivideva la responsabilità per la tenuta e dimostrava la sua attenzione ai poveri. Ebbe quattro figli, di cui due morirono nell’infanzia. Celina considerò le due figlie rimaste come dono di Dio, affidato alla sua responsabilità. Nelle sue “Memorie per le mie figlie” rivelò i propri sforzi nello sviluppare la loro relazione con Dio in quanto Creatore e Padre amoroso. Incoraggiava le figlie all’auto-dominio e al servizio del prossimo. Ognuna delle figlie era trattata in maniera unica e individuale e le era lasciata la libertà di scegliere la via della vocazione che voleva seguire. Quando, nel 1869, Giuseppe Borzecki ebbe un ictus che lo lasciò paralizzato, Celina si trasferì con la famiglia a Vienna per ottenere le migliori cure mediche per lui. Durante la sua sofferenza, che durò ben cinque anni, lei era la sorgente del sostegno spirituale e morale per lui e funse da sua sensibile e dedicata infermiera. Simultaneamente continuava a prodigarsi per l’educazione delle figlie. Dopo la morte del marito, Celina con le figlie andò a Roma nel 1875 per allargare i propri orizzonti spirituali e culturali. Inoltre stava cercando indicazioni riguardo alla volontà di Dio per se stessa e per le figlie. Nella chiesa di S. Claudio a Roma incontrò il cofondatore dei Risurrezionisti, Padre Pietro Semenenko, il quale per molti anni desiderava fondare un ramo femminile della Congregazione della Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. Lei divenne una sua penitente. P. Pietro la introdusse alla spiritualità concentrata sul Mistero Pasquale di Cristo. Più tardi lei esprimerà la sua via alla santità nel motto che sarà iscritto sulla croce della professione dei voti perpetui di ogni Suora della Risurrezione: “Per crucem et mortem ad resurrectionem et gloriam”. Nel 1882, Celina Borzęcka, insieme con la sua figlia più piccola, Edvige, e altre donne cominciò la vita in comunità a Roma, sotto la direzione spirituale di P. Pietro Semenenko. Dopo l’improvvisa morte del Padre, avvenuta nel 1886 a Parigi, Celina dovette affrontare gli intrighi delle persone contrarie alla nuova fondazione e i loro tentativi di unire la nuova comunità a uno degli istituti già esistenti.
Celina, sempre più fortemente, sentiva la chiamata a fondare una comunità delle donne dedicate al Mistero della Risurrezione: la vocazione a vivere consapevolmente la propria vita nella sua dimensione personale, comunitaria e apostolica, attraverso la forza che proviene da Gesù Risorto. Lei non volle mai abbandonare lo specifico spirito e stile di vita della sua comunità né il suo nome: Suore della Risurrezione. Nel 1887, assistita dai fedeli amici, Celina aprì la sua prima scuola pomeridiana per le ragazze, dove Mons. Giacomo Della Chiesa, il futuro Pp Benedetto XV (1914-1922), i cui genitori abitavano nell’appartamento accanto alla scuola, servì da cappellano e catechista. Dopo anni di prove e sofferenze, Celina Borzęcka e sua figlia, Edvige, co-fondatrice, il 6 gennaio 1891 fecero la professione dei voti religiosi in quanto Suore della Risurrezione, alla presenza del Card. Lucido Parocchi, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, dando ufficialmente inizio alla nuova Congregazione. Nell’autunno dello stesso anno, Celina aprì la prima casa in territorio polacco, a Kety, vicino a Wadowice, intesa principalmente come la sede del noviziato. Man mano che cresceva il numero delle suore, la Fondatrice cominciò a mettere in pratica il suo sogno di una Congregazione in grado di contribuire al rinnovamento della società, specialmente tramite l’educazione. Fondò (invitata dai Risurrezionisti) la missione ecumenica a Malko Tirnovo in Bulgaria (allora parte dell’Impero Turco). Poi arrivarono le fondazioni a Czestochowa, a Varsavia (in Polonia) e a Chicago in USA, dove le suore iniziarono il lavoro nelle parrocchie degli emigrati polacchi. Nel 1904, Madre Celina scelse la zona di Prati a Roma per costruire la Casa-Madre della Congregazione all’ombra del Vaticano. Lavorò duramente, assieme alla figlia, e finalmente nel 1905 si rallegrò per il Decretum Laudis ricevuto dalla sua Congregazione. Dopo la improvvisa scomparsa della figlia, Edvige, all’età di 43 anni, Celina convocò il primo capitolo generale della comunità nel 1911, dove fu eletta superiora generale ad vitam. Spese i suoi ultimi anni di vita nelle frequenti visite alle case della Congregazione e nell’ampia corrispondenza con le consorelle, formandole nello spirito della fondazione. Pian piano che si avvicinava la morte Celina ripeteva alle suore: “Siate sante”. Espresse il dinamismo della sua vita, quando prima di morire, scrisse su un pezzo di carta, non potendo più parlare: “In Dio c’è la felicità in eterno”. Madre Celina Borzęcka morì il 26 ottobre 1913, in un semplice appartamento a Cracovia, dove si trovava di passaggio durante una visita canonica. Rispondendo all’incoraggiamento del Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958), la sua causa di beatificazione fu aperta a Roma nel 1944. Il Decreto sull’eroicità delle virtù fu promulgato l’11 febbraio 1982; il 16 dicembre del 2006 Pp Benedetto XVI ha riconosciuto il miracolo necessario per la sua beatificazione. Madre Celina ChludzińskaBorzęcka è stata proclamata Beata, il 27 ottobre 2007, nella Basilica di S. Giovanni in Laterano, dal Card. José Saraiva Martins, Prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, su mandato di Papa Benedetto XVI. La Beata Celina appartenne ad un raro gruppo di donne che sperimentarono diversi stati di vita: moglie, madre, vedova, religiosa e fondatrice. Nonostante molte e varie opere realizzate nella sua vita, lei con tutta semplicità e umiltà, scrisse, dando così una caratteristica alla sua vita spirituale: “Dio non mi ha chiamato a fare le cose straordinarie… forse perché non voleva che diventassi orgogliosa. La mia vocazione è quella di compiere la volontà di Dio fedelmente e con amore”.
San Folco Scotti di Piacenza e Pavia Vescovo. I resti di questo santo di origine irlandese sono custoditi nella cattedrale di Pavia, città della quale fu vescovo nel XIII secolo. Folco (o Fulco) nasce intorno al 1165 a Piacenza da una celebre famiglia, quella degli Scotti, originari dell’Irlanda, che viene identificata secondo la denominazione dell’epoca come patria degli «Scoti», scozzesi. Folco a 20 anni entra tra i canonici regolari di Sant’Eufemia. Viene inviato a Parigi a compiere gli studi di teologia a Parigi e al rientro viene eletto priore di Sant’Eufemia, poi canonico, poi arciprete della cattedrale. Infine viene consacrato vescovo di Piacenza. Sei anni più tardi, rimasta vacante la sede pavese, viene designato vescovo anche di questa città. Piacentino e vescovo di Pavia, Folco fu il grande paciere delle due città, allora divise da un’aspra rivalità. Dopo aver lavorato per la pacificazione interna delle città e delle contese tra i due centri muore nel 1229 (Avvenire). Emblema: Bastone pastorale. Martirologio Romano: A Pavia, san Folco Scotti, vescovo, uomo di pace, colmo di zelo e di carità. Folco, o Fulco, è Santo di Pavia, dove le sue spoglie riposano, da sette secoli e mezzo, nella bella cattedrale bramantesca, dove è festeggiato il 21 maggio. Ma era nato a Piacenza e usciva da una celebre famiglia: quella degli Scotti.
Questo nome di famiglia ci consente di ricordare una storia interessante: gli Scotti, che proprio da Piacenza si diffusero in tutta l’Italia, erano una famiglia di Scoti, cioè di Scozzesi. Venivano detti allora Scozzesi non gli abitanti della Scozia, ma quelli dell’Irlanda. Dalla verde isola cristiana, evangelizzata nel V secolo da San Patrizio, erano poi scesi in Europa, in secoli di difficoltà politiche e di miserie morali, decine di Santi e di religiosi, come per una spirituale trasfusione di sangue. Dietro ai Santi – specialmente quando le isole del nord furono invase dai Danesi – seguirono mercanti, soldati, e intere famiglie, come quella piacentina degli Scotti dalla quale, verso il 1165, nacque il nostro San Folco. Questi entrò a vent’anni presso i Canonici Regolari di Sant’Eufemia, e poiché era un giovane d’ingegno vivace, fu mandato a compiere gli studi di teologia a Parigi, capitale universitaria dell’Europa. Tornato a Piacenza, a trent’anni fu eletto Priore di Sant’Eufemia, poi canonico, poi arciprete della cattedrale. Finalmente venne consacrato Vescovo di Piacenza. Sei anni più tardi, restata vacante la sede di Pavia, Folco Scotti venne designato Vescovo anche di questa città. In quel tempo, Piacenza e Pavia erano divise da una terribile ostilità, come allora molte coppie di città vicine e rivali. Anche oggi il ricordo delle antiche contese tra due città rivive in tradizioni pittoresche e in schermaglie facete: nel Medioevo tali rivalità non erano soltanto pittoresche ma – come nel caso di Piacenza e Pavia – violente e cruente, causa di lutti e di rovine. San Folco, piacentino e Vescovo di Pavia, fu il grande paciere delle due città. Si adoperò, prima di tutto, per la pace interna, cioè per la concordia tra i cittadini divisi dalle fazioni politiche. Poi si fece mediatore di pace tra le due città l’una contro l’altra armate, e dimentiche, nella passione politica. delle più elementari leggi della cristiana e fraterna carità. Nel corso della sua opera pacificatrice, San Folco morì, nel 1229. Altro non si sa del suo episcopato. Ma quello che sappiamo, e soprattutto le conseguenze della sua opera di padre affettuoso e giusto, basta a spiegare la fama che il discendente degli Irlandesi nato a Piacenza, ha guadagnato nella lombarda Pavia, città ricca di sapienza e di santità.
SS. Rogaziano e Felicissimo, Martiri († sec. III)
S. Rustico di Narbonne (FR), Vescovo († cc 461)
B. Damiano Furcheri, Sacerdote O.P. († Reggio Emilia, 1484)
B. Bonaventura da Potenza (1651-1711), Sacerdote O.F.M. Conv.
Jesus Christus, heri et hodie, ipse est in saecula!
1984, Il 26 ottobre fu eseguito il primo trapianto di cuore da un babbuino a un neonato – All’ospedale californiano di Loma Linda il chirurgo Leonard Bailey esegue il primo trapianto di cuore di un babbuino in un neonato, una bambina di 12 giorni, nota con il sopranome “Baby Fae”, e destinata a morire per ipoplasia cardiaca (cuore troppo piccolo). La bambina sopraviverà 21 giorni
1685 Domenico Scarlatti
1930 Aldo Biscardi
1947 Hillary Rodham Clinton
L’amore fu il padre della poesia
1944 nasce la RAI Radio Audizioni Italiane
“La lingua; beh, è un’ottima cosa, quando non è quella di una donna”
Dickens, Il circolo Pickwick
Le fibre sintetiche
Le fibre sintetiche sono sensibili ai reagenti contenuti negli smacchiatori chimici. Se avete il dubbio che il capo non regga, allora testatelo prima su un bordo interno.
In cauda venenum
nella coda il veleno
Questo proverbio medievale latino è preso dallo scorpione che colpisce la sua vittima con la coda forcuta provvista di pungiglione velenoso
Riproduzione vegetativa
La moltiplicazione per propaggine si applica alle specie con fusti flessibili, che si fanno radicare entro vasetti accostati alla pianta, così da poter prelevare i nuovi soggetti con il pane di terra. La riproduzione per talea si rende necessaria quando le piante, come in genere quelle a radice unica, non sono portate alla propagazione spontanea.