La strage dei corpi intermedi
di Massimo Greco
Lo svuotamento dei corpi intermedi più o meno premeditatamente operato nella società di mezzo (ordini professionali, sindacati, forze sociali, associazioni di categoria) e nelle Istituzioni Pubbliche (riforma ente intermedio, accorpamento Camera di commercio ecc..) sta producendo i suoi frutti velenosi, soprattutto in quei territori in cui non solo l’Italia è meno Italia ma anche la Sicilia è meno Sicilia. Stiamo parlando di quella aree che oltre ad essere interne sono centrali e quindi lontane non tanto dalla zone costiere ma da quelle Città metropolitane su cui si concentrano le maggiori attenzioni delle politiche pubbliche e degli interessi economici. Al netto di episodiche e ripetitive iniziative congiunte tra i Sindaci di Enna e Caltanissetta nulla si registra in ordine all’esigenza impellente di ragionare su come difendere le aree dell’ennese e del nisseno da un triste destino che tocchiamo con mano ogni giorno. I dati parlano tristemente chiaro e disegnano uno scenario di costante depauperamento economico che si ripercuote inevitabilmente sulle dinamiche sociologiche e culturali delle nostre comunità.
A fronte di ciò, assordante è il silenzio di una classe dirigente che, nei fatti, non c’è più. I Sindaci, unici rappresentanti dell’odiata casta politica, sono quotidianamente impegnati a parlare di come uscire dalle macchine infernali degli ATO, a non sforare i parametri di stabilità finanziaria, a convincere i propri cittadini della necessità di accogliere i migranti ed a mantenere un minimale livello qualitativo di vita locale. Ma chi parla di sviluppo, di are interne, di programmazione territoriale, di coesione sociale? Nessuno perché quella società di mezzo che tradizionalmente si è sempre interrogata su questi temi è stata inopinatamente falciata all’insegna di una miope politica di contenimento della spesa pubblica. Si è infatti deciso di buttare anche il bambino assieme all’acqua sporca e così si è provocato un danno ancora maggiore del male che si pensava di curare.
Il risultato di siffatto stato di cose è che, mentre le dinamiche e le trasformazioni socio-economiche dei nostri territori non saranno più né orientabili né tanto meno governabili, il futuro dei medesimi sarà determinato dalle forze della fisica economica per la quale, notoriamente, i territori deboli saranno desertificati e sottoposti alle forze centrifughe dei territori metropolitani, con buon pace di coloro che hanno avuto l’arroganza di scongiurare ogni ipotesi di “macelleria sociale”.