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Arbeit macht frei (Il lavoro rende liberi)

Arbeit macht frei (Il lavoro rende liberi)

Il lavoro rende liberi. Queste erano le parole che gli internati di Auschwitz leggevano al loro arrivo nel campo di sterminio, che proprio come campo di sterminio nacque divenendo campo di lavoro solo nel 1943. E’ assai probabile dunque che quell’ironizzare su lavoro e libertà volesse in realtà dire: il lavoro è umiliazione e sofferenza e si addice non a noi: popolo di signori e di eroi, ma a voi: a noi funzionali.
La libertà che vi aspetta è dunque la morte. E nell’apoteosi dell’annichilimento concentrazionario lavoro e morte si sovrapposero ieri ad Auschwitz oggi nei centri di accoglienza. I germogli della trasformazione dell’uomo di razza inferiore in bestia da soma hanno dato succulenti frutti nei supermarket della carne umana: braccia da sfruttare nell’agricoltura, cosce da allargare nella prostituzione, pezzi di ricambio per danarosi immortali e slogan elettorali per gli stimolatori della pancia del popolo.
Auschwitz fu dunque un impianto pilota meglio espresso a Buchenwald: ”Ad ognuno il suo” ai padroni la libertà dal lavoro, agli schiavi la morte per lavoro. Meno male che il nazifascismo non ha prevalso altrimenti l’Europa intera si sarebbe trasformata in un complesso sistema di campi di lavoro forzato in cui “Arbeit macht frei” avrebbe fatto tanto ridere i lavoratori, che in alternativa si sarebbero arenati nell’alienazione del Jobs act o avrebbero “babbiato” sul “voucher si voucher no” raccattando le palle a Poletti o salutando le hostess di verde vestite liberate dalla compagnia di bandiera una volta e per sempre.
Buona festa del Lavoro.

Gabriella Grasso

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