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Le pesche di Leonforte

Anche la coltura del pesco deriva dal lontano Oriente e la sua diffusione in altre aree, specie quella mediterranea, lo si deve all’opera dei greci.
Il pesco fa la sua comparsa a Leonforte solo agli inizi del ‘900 per una produzione ristretta ad esclusivo uso familiare. Ma un’eccessiva produzione portò al conseguente tentativo di immettere la pianta nel mercati, commercializzata inizialmente da operatori del catanese.
La “scommessa commerciale” ebbe un tale successo da indurre alcuni agrumicoltori ad incrementarne ulteriormente la produzione, che ha però vissuto brusche frenate nel secondo dopoguerra in seguito all’insorgere di attacchi di parassiti animali, ai quali si ripose rimedio solo alcuni ani dopo grazie ad un particolare procedimento, brevettato da un certo Pappalardo di Acireale: un sacchetto di carta pergamenata e semitrasparente(in modo da far filtrare la luce); sostenuto al ramo da un fil di ferro; entro cui proteggere ogni singolo frutto; era l’ideale per la conservazione integra e una genuina maturazione della pesca; ma questo solo negli anni ’70. Ciò favorì un incremento delle superfici coltivate. Il metodo dell’ “insacchettamento” divenne ben presto il fiore all’occhiello del prodotto della pesca. Vari tipi di pesca si insediano nelle zone di produzione: Loenforte, Enna, Calascibetta, Assoro ed Agira, particolarmente favorevoli allo sviluppo sano e protetto di tale frutto; e sono:
L’Agostino: matura dalla seconda metà di agosto
Il Settembrino Tardivo: matura a partire dalla seconda decade di settembre
Il Giallone Tardivo: matura da fine settembre in poi
Il Giallo Tardivo: matura dalla metà di ottobre in poi.
Oltre alle tradizionali percoche appena citate, si assiste da qualche tempo alla produzione di una particolare tipologia di pesca: la “Tabacchera” o “Pesca Pomodoro” caratterizzata per l’appunto, dalla tipica forma di pomodoro schiacciato e dal gusto molto delicato. La sua maturazione avviene a partire dalla fine di luglio.
La condizione dei pescheti è affidata per il 40% ad operatori agricoli che sono coltivatori diretti, la restante parte è gestita da imprenditori locali part-time che ricorrono a braccianti agricoli locali per l’esecuzione delle varie pratiche colturali; tuttavia lo sbilancio è destinato a crescere: sono sempre meno i coltivatori diretti, e sempre più ampie le gestioni aziendali.

Le pesche di Leonforte si sviluppano in un clima tipicamente mite, con produzione, verso terreni di medio impasto, profondi e con media fertilità; e con tecniche colturali che derivano da un incrocio tra antiche cultuvar che implicano più fattori quali quello del pesco, del clima, del suolo, e dell’uomo.
Le piante necessitano una cura costante, infatti già nel mese di marzo si effettua la potatura, fase fondamentale per predisporre la pianta a generare nuovi frutti, e viene effettuata in inverno prima della fioritura ed in estate per l’eliminazione della produzione vegetale superflua; poi si passa alla concimazione, necessariamente organici naturali come il letame; l’irrigazione(a goccia o per espansione) è giornaliera e derivante da acqua di sorgente e del fiume Crisa. A maggio si procede al diradamento dei frutti, il cosiddetto “Scuzzulari”, che permette al frutto di raggiungere una maggiore pezzatura ed elevate qualità organolettiche. A giugno, dopo l’ultima potatura si passa alla già citata tecnica dell’ “insacchettamento”, entro cui il frutto ha modo di maturare tutta l’estate, per esser raccolto solo a fine settembre; tecnica agronomica questa, che contribuisce a dare garanzia dell’integrità del frutto che non necessita perciò di nessun trattamento sanitario e rimane esente da residui tossici, che nella peschicoltura convenzionale sono quasi del tutto ineliminabili. Si tratta di un lavoro certosino, pagato a cottimo- i più veloci ne insacchettano anche 2000 al giorno- ed economico: il 50%del costo di produzione si amputa proprio a tale tecnica. Ma a tanta fatica viene restituita grande qualità, e soddisfazione da parte dei consumatori; la pesca manterrà infatti la propria polpa bianca o gialla integra, sgombra da marciumi, priva di sapori estranei a quella propria e succosa.
La raccolta avviene solitamente dalla prima decade di settembre(anche alla fine di agosto a volte) alla prima decade di novembre, ma anch’essa va fatta con cura: con una leggera rotazione del picciolo si staccano i frutti uno per uno senza strapparli, per evitare una rottura del peduncolo; di ridotte dimensioni e quindi fragile; in quanto non permetterebbe una sana conservazione dello stesso frutto. Dopo di che, ogni frutto va controllato e selezionato per ulteriore sicurezza.
La pesca di Leonforte si caratterizza perciò per 3 peculiarità:
Il periodo di maturazione dei frutti che è compreso fra la fine di agosto e l’inizio del mese di novembre, con una concentrazione dalla 3° decade di settembre alla 3° decade di ottobre(perciò pesca settembrina o tardiva): maturano cioè, quando il mercato nazionale non può far altro che ricorrere a prodotti di importazione.
Proprietà organolettiche: che regalano un’intensa profumazione ed un gusto dolce ed aromatico.
La pratica dell’insacchettamento dei frutti: eseguita nel periodo tra giugno e luglio con i sacchetti pergamenati come metodo di lotta ai più temibili parassiti della pesca. Tale pratica ha trasformato l’agricoltore, manager di se stesso, coinvolgendo i propri familiari; e la cui vendita del frutto ha permesso un miglioramento delle condizioni di vita.

Ciò rivela le caratteristiche peculiarmente di nicchia che la pesca si ritrova quanto a durata del frutto e periodo di maturazione, e che non ha perciò rintracciato difficoltà a diffondersi, e a richiedere conseguentemente un riconoscimento e una tutela, degni della qualità insita nel prodotto, e che gli desse un marchio identificativo.
Da qui la necessità della stesura (anche per la Fava Larga) di un “disciplinare di produzione” che ha inizialmente ottenuto il parere favorevole del Comitato tecnico scientifico di Slowe Food(la pesca e la fava larga sono infatti Presidi Slow Food) e successivamente hanno avviato l’iter per l’ottenimento dell’I.G.P. e dell’iscrizione nel Registro Nazionale delle Varietà.
Un prodotto è I.G.P. (Identificazione Geografica Protetta) se le sue qualità dipendono dalla sua origine geografica, e la cui produzione ed elaborazione deve avvenire in un’area geografica protetta; ci si deve attenere inoltre a determinate regole del disciplinare di produzione quali: presentare chiaramente determinate qualità organolettiche, seguendo rigidi parametri; non è possibile una commercializzazione del prodotto sulla pianta o allo stato sfuso, e va riportata nelle confezioni la dicitura “Pesca Tardiva di Leonforte”.

La Sagra del Pesco delle Pesche dopo; ed infine della Pesca&prodotti tipici; confusione a parte sul marchio; nasce con l’obiettivo che è proprio di una Sagra, termine che sta ad indicare “sacro”: sacro è tutto ciò che lega una terra ai suoi frutti, e di conseguenza qualsiasi manifestazione tesa a valorizzare tali frutti e la loro produzione. Ed è per questo che nasce la Sagra Leonfortese nel 1982, grazie allo slancio di pochi per incentivare lo sviluppo della drupacea; e fra lo scetticismo di molti.
Sinonimo di patrimonio turistico-culturale; la manifestazione a ricorrenza annuale ogni prima domenica d’ottobre, ha avuto negli anni il pregio di promuovere il prodotto della pesca, grazie anche all’esposizione delle sue peculiarità.

Mentre il resto dell’Italia, dall’inizio del  Novecento coltiva varietà americane e ogni annata ha le sue “pesche di moda”, grandi, belle e colorate, ma senza sapore ne profumi, a Leonforte sono sopravvissute le attuali varieta’ di pesche tardive, frutto di incroci naturali tra antiche cultivar locali. Dette tardive perchè raccolte a settembre, ottobre e novembre, si coltivano da sempre a Leonforte.
A Giugno, ancora verdi, sono chiuse  una a una in sacchetti di carta pergamenata, e cosi’ protette da vento, grandine e parassiti, possono rimanere sull’albero fino alla raccolta, che avviene quando sono perfettamente mature. Il lavoro di insacchetta tura richiede una certa pratica e molta pazienza, si tratta di una tecnica colturale purtroppo onerosa da un punto di vista economico, ma che garantisce una qualita’ organolettica eccezionale.
I coltivatori della zona, offrono al mercato un prodotto sano e genuino, che non riceve alcun trattamento parassitario, in una stagione in cui si potrebbero mangiare solo pesche di importazione. Non molto appariscenti, di colore giallo intenso con leggere striature rosse, le tardive sono pero’ profumatissime, hanno polpa gialla, soda, dolce ed un gusto tutto particolare che ricorda vagamente la canditura. Sono ottime fresche, sciroppate e trasformate in succhi, marmellate, sorbetti e gelati.

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